Il documentario mostra l'ascesa verso il successo planetario di una celebre boy band. Grazie all'investimento di un produttore che li notò in un talent show inglese, gli One Direction poco alla volta hanno scalato le classifiche e riempito gli stadi con tour internazionali sempre sold out. Dopo aver basato la sua carriera su documentari dallo stile ironico e fuori dal comune (come Super Size Me 2004 o Che fine ha fatto Osama Bin Laden? del 2008), Morgan Spurlock realizza in questo caso un film decisamente canonico e banale, in cui il suo lato provocatorio e sopra le righe viene accantonato del tutto: One Direction: This Is Us infatti è il lavoro che ci si aspetta di vedere per pubblicizzare ulteriormente un fenomeno adolescenziale dalla portata mondiale. Il regista sceglie di raccontare le gesta dei ragazzi iniziando dalle loro umili origini, raccogliendo la commozione delle famiglie e gli aneddoti più che romanzati dei produttori, le lacrime di estasi dei fans e le emozioni dei cinque ragazzi protagonisti. Insomma, nulla di nuovo e (probabilmente) nulla di vero. La pellicola infatti può essere definita come un lungo spot pubblicitario mirato solo a rendere ancora più “leggendaria e umana” l'immagine della band. Spurlock scende a compromessi con la produzioni limitando del tutto il suo stile e obbedendo ai canoni estetici propri di progetti come questi. L'impiego del 3D è inutile ai fini narrativi, ma efficace per il botteghino.