Pacco, doppio pacco e contropaccotto
Durata
118
Formato
Regista
Film a episodi che ruotano intorno alla truffa: il finto invalido (Giobbe Covatta) che si finge cieco per ottenere un posto di lavoro; una vedova (Marina Confalone) che scomoda gli spiriti dei defunti per liberare un appartamento; il portinaio (Italo Celoro) di uno stabile che riesce a prendere in giro un organizzatore di bische clandestine; uno studente (Luigi Cosentino) che, per farsi promuovere dal professore (Alessandro Haber), spaccia una ballerina (Mara Venier) per la propria madre.
Nanni Loy racconta l'“arte di arrangiarsi” degli italiani e lo fa concentrandosi su due elementi che possono simboleggiarla al meglio nell'immaginario collettivo: la truffa e la città di Napoli. Costruisce così una serie di dieci episodi ambientati nel capoluogo partenopeo in cui è sempre la parte in causa meno avvantaggiata a uscire vincente. Alcuni episodi sono più incisivi di altri, come quello del falso medium o quello del portinaio, ma nel complesso risultano piuttosto confusi e poco riusciti, nonostante l'evidente filo rosso che non riesce però a creare un insieme coeso. Si intuisce l'ironia tipica del regista e traspare anche la critica verso una società in cui è più facile trovare una soluzione da sé che non coinvolgere le autorità, eppure i racconti si accontentano di celebrare l'aspetto ridicolo delle vicende, rimanendo alla superficie delle cose e ottenendo una satira leggera e poco graffiante.
Nanni Loy racconta l'“arte di arrangiarsi” degli italiani e lo fa concentrandosi su due elementi che possono simboleggiarla al meglio nell'immaginario collettivo: la truffa e la città di Napoli. Costruisce così una serie di dieci episodi ambientati nel capoluogo partenopeo in cui è sempre la parte in causa meno avvantaggiata a uscire vincente. Alcuni episodi sono più incisivi di altri, come quello del falso medium o quello del portinaio, ma nel complesso risultano piuttosto confusi e poco riusciti, nonostante l'evidente filo rosso che non riesce però a creare un insieme coeso. Si intuisce l'ironia tipica del regista e traspare anche la critica verso una società in cui è più facile trovare una soluzione da sé che non coinvolgere le autorità, eppure i racconti si accontentano di celebrare l'aspetto ridicolo delle vicende, rimanendo alla superficie delle cose e ottenendo una satira leggera e poco graffiante.