Palazzina Laf
2023
Paese
Italia
Genere
Drammatico
Durata
99 min.
Formato
Colore
Regista
Michele Riondino
Attori
Michele Riondino
Elio Germano
Vanessa Scalera
Domenico Fortunato
Gianni D'Addario
Michele Sinisi
Paolo Pierobon
1997. Caterino (Michele Riondino), uomo semplice e rude, è uno dei tanti operai che lavorano nel complesso industriale dell’Ilva di Taranto. Vive in una masseria caduta in disgrazia per la troppa vicinanza al siderurgico e nella sua indolenza condivide con la sua giovanissima fidanzata il sogno di trasferirsi in città. Quando i vertici aziendali decidono di utilizzarlo come spia per individuare i lavoratori di cui sarebbe bene liberarsi, Caterino comincia a pedinare i colleghi e a partecipare agli scioperi solo ed esclusivamente alla ricerca di motivazioni per denunciarli. Ben presto, non comprendendone il degrado, chiede di essere collocato anche lui alla Palazzina LAF, dove alcuni dipendenti, per punizione, sono obbligati a restarvi privati delle loro consuete mansioni.
Quella della Palazzina Laf è il ramo delle vicende giudiziarie dell’Ilva di Taranto che ha inaugurato nella giurisprudenza penale italiana il concetto di mobbing, come mortificazione e umiliazione del lavoratore volte alla emarginazione dal contesto lavorativo. Michele Riondino, regista e protagonista tarantino di origini, approccia con rigore e accuratezza documentaristiche una delle più tristi storie italiane di abuso lavorativo, denunciando il degrado della condizione dei confinati della Palazzina Laf, ridotti a mere pedine di un capo sfruttatore e soggiogati dalla necessità del lavoro che a Taranto proveniva solo dalla fabbrica. Sceneggiatura, scenografia e fotografia collaborano nella rappresentazione di una città desolata, avvelenata dai fumi dell’acciaieria e dalle notizie di cronaca nera, trasfigurata dalle geometrie squallide, trascurate e ingiallite della fabbrica. Il protagonista, nella notevole interpretazione di Riondino, è l’emblema dell’uomo qualunque che ha rinunciato a coltivare una sua dimensione identitaria fuori dall’alienante funzione lavorativa, completamente asservito al meccanismo produttivo a cui partecipa. Nella sua posizione di delatore, Caterino mette a fuoco quella sua esigenza di riscatto dalla mediocrità, incapace di cogliere la dimensione di insieme. Perfetto antagonista è il Basile di Elio Germano, nei panni di un capo perfido, scellerato e manipolatore celato dietro ad un’apparenza bonaria. Accanto ai protagonisti c’è il cast corale dei lavoratori indesiderati, corpo e voce di questi personaggi ordinari, resi irascibili o inermi dalla ripetitività di una vita di false promesse, ingrigiti eppure estremamente dignitosi, segregati nella Palazzina e condannati ad una lenta perdita di lucidità. Palazzina Laf è un’opera coraggiosa e brillante sul conflitto di classe e gli abusi ambientali, vittima soltanto di alcune sequenze cinematograficamente troppo forzate, in cui si sente un pizzico di inesperienza nella regia per l'esordiente Riondino, a causa di alcuni eccessi grotteschi tutt'altro che necessari. Nonostante un ritmo un po' altalenante nella parte centrale, però, il film coinvolge e appassiona, centrando comunque indubbiamente i suoi principali obiettivi.
Quella della Palazzina Laf è il ramo delle vicende giudiziarie dell’Ilva di Taranto che ha inaugurato nella giurisprudenza penale italiana il concetto di mobbing, come mortificazione e umiliazione del lavoratore volte alla emarginazione dal contesto lavorativo. Michele Riondino, regista e protagonista tarantino di origini, approccia con rigore e accuratezza documentaristiche una delle più tristi storie italiane di abuso lavorativo, denunciando il degrado della condizione dei confinati della Palazzina Laf, ridotti a mere pedine di un capo sfruttatore e soggiogati dalla necessità del lavoro che a Taranto proveniva solo dalla fabbrica. Sceneggiatura, scenografia e fotografia collaborano nella rappresentazione di una città desolata, avvelenata dai fumi dell’acciaieria e dalle notizie di cronaca nera, trasfigurata dalle geometrie squallide, trascurate e ingiallite della fabbrica. Il protagonista, nella notevole interpretazione di Riondino, è l’emblema dell’uomo qualunque che ha rinunciato a coltivare una sua dimensione identitaria fuori dall’alienante funzione lavorativa, completamente asservito al meccanismo produttivo a cui partecipa. Nella sua posizione di delatore, Caterino mette a fuoco quella sua esigenza di riscatto dalla mediocrità, incapace di cogliere la dimensione di insieme. Perfetto antagonista è il Basile di Elio Germano, nei panni di un capo perfido, scellerato e manipolatore celato dietro ad un’apparenza bonaria. Accanto ai protagonisti c’è il cast corale dei lavoratori indesiderati, corpo e voce di questi personaggi ordinari, resi irascibili o inermi dalla ripetitività di una vita di false promesse, ingrigiti eppure estremamente dignitosi, segregati nella Palazzina e condannati ad una lenta perdita di lucidità. Palazzina Laf è un’opera coraggiosa e brillante sul conflitto di classe e gli abusi ambientali, vittima soltanto di alcune sequenze cinematograficamente troppo forzate, in cui si sente un pizzico di inesperienza nella regia per l'esordiente Riondino, a causa di alcuni eccessi grotteschi tutt'altro che necessari. Nonostante un ritmo un po' altalenante nella parte centrale, però, il film coinvolge e appassiona, centrando comunque indubbiamente i suoi principali obiettivi.
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