Patagonia
2023
Paese
Italia
Genere
Drammatico
Durata
112 min.
Formato
Colore
Regista
Simone Bozzelli
Attori
Andrea Fuorto
Augusto Mario Russi
Elettra Dallimore Mallaby
Alexander Benigni
Yuri (Andrea Fuorto) ha vent’anni e vive con l’anziana zia una vita ovattata nel grembo del piccolo paese abruzzese che è tutto il suo mondo. Ad una festa di compleanno incontra Agostino (Augusto Mario Russi, esordiente assoluto), animatore girovago e incantatore di bambini, che gli promette l’indipendenza che Yuri non sapeva di stare cercando. Sognando la libertà della Patagonia, i due partono per un viaggio di autodeterminazione che si trasformerà in un delirio di controllo e prigionia.
“La Patagonia è la libertà e la libertà forse non esiste”: una citazione che ben restituisce lo spirito simbolico dell’esordio alla regia del 29enne regista abruzzese Simone Bozzelli, che ha già all’attivo diversi corti molto apprezzati (Giochi, J’ador) e la regia del videoclip I Wanna Be your Slave per i Maneskin. A partire dal costrutto mitico della Patagonia come terra dell’oro da raggiungere, sognare e vagheggiare, il film mette in scena e racconta il rapporto asimmetrico, vitale, romantico e dolente tra due ragazzi che si sfiorano, si annusano, si riconoscono e finisco col condividere e avvicinare le reciproche solitudini. Le traiettorie del racconto, però, non vanno sul versante puramente narrativo per prediligere il lavoro su corpi, sfocature dello sguardo, superfici ed epidermidi, in modo da rendere particolarmente curato l’apparato visivo di un’opera girata con pellicola 16mm e con uno stile particolarmente rifinito e modaiolo, apparentatile alla lezione da enfant prodige di Xavier Dolan. Ciò non impedisce a Bozzelli di firmare un film crudo sull’amore come gioco di seduzione ma anche dominio e sottomissione, che finirà per fare quasi da grancassa alla dolente e tremolante sofferenza psicologica del bello, giovane e scavato Yuri, che il giovane interprete abruzzese Fuorto interpreta con grande spirito di abnegazione, capacità di ascolto e valorizzazione delle sfumature. Particolarmente disturbante e impudica una sequenza a carattere sessuale puramente kinky tra i due protagonisti. Scritto dallo stesso Bozzelli con Tommaso Favagrossa. Presentato al Festival di Locarno 2023.
“La Patagonia è la libertà e la libertà forse non esiste”: una citazione che ben restituisce lo spirito simbolico dell’esordio alla regia del 29enne regista abruzzese Simone Bozzelli, che ha già all’attivo diversi corti molto apprezzati (Giochi, J’ador) e la regia del videoclip I Wanna Be your Slave per i Maneskin. A partire dal costrutto mitico della Patagonia come terra dell’oro da raggiungere, sognare e vagheggiare, il film mette in scena e racconta il rapporto asimmetrico, vitale, romantico e dolente tra due ragazzi che si sfiorano, si annusano, si riconoscono e finisco col condividere e avvicinare le reciproche solitudini. Le traiettorie del racconto, però, non vanno sul versante puramente narrativo per prediligere il lavoro su corpi, sfocature dello sguardo, superfici ed epidermidi, in modo da rendere particolarmente curato l’apparato visivo di un’opera girata con pellicola 16mm e con uno stile particolarmente rifinito e modaiolo, apparentatile alla lezione da enfant prodige di Xavier Dolan. Ciò non impedisce a Bozzelli di firmare un film crudo sull’amore come gioco di seduzione ma anche dominio e sottomissione, che finirà per fare quasi da grancassa alla dolente e tremolante sofferenza psicologica del bello, giovane e scavato Yuri, che il giovane interprete abruzzese Fuorto interpreta con grande spirito di abnegazione, capacità di ascolto e valorizzazione delle sfumature. Particolarmente disturbante e impudica una sequenza a carattere sessuale puramente kinky tra i due protagonisti. Scritto dallo stesso Bozzelli con Tommaso Favagrossa. Presentato al Festival di Locarno 2023.
Iscriviti
o
Accedi
per commentare