Disperato per il furto della sua speciale bicicletta, il bizzarro e infantile Pee-wee (Paul Reubens) la cercherà ovunque, incontrando personaggi di ogni tipo (persino un fantasma) e finendo per creare scompiglio tra i set della Warner Bros.
Macchinari ipercolorati, universi paralleli, surrealismo allucinato: tutto il Tim Burton che verrà, compresa la colonna sonora del fido Danny Elfman, si trova già qui, nel suo primo lungometraggio. Più che un film per bambini è una sorta di carosello delirante e psichedelico, non privo di momenti efficaci. Il finale, con Pee-wee che passa da un set all'altro, offre una carrellata quasi commovente dell'amore puro che il regista ha per il cinema. Divertente e indovinata è anche la parodia del mondo di Hollywood, con tutti i suoi paradossi. A funzionare meno è invece la caratterizzazione del personaggio protagonista: tipico outsider burtoniano, non ha in sé lo spessore dei successivi antieroi raccontati dal regista. Dopo pochi minuti è chiaro che sarà dura sopportarne faccine, mossette e risatine stridule per tutta la durata del film. Inquietante, sessuofobico e totalmente chiuso nel suo mondo assurdo, con la sua maschera da comico del muto, Pee-wee resta però uno dei più inquietanti freaks del cinema di Tim Burton. Con un seguito, La mia vita picchiatella, diretto da Randal Kleiser (1988).