Per qualche dollaro in più
1965
Sky Cinema Action
Paesi
Italia, Spagna, Rft
Genere
Western
Durata
132 min.
Formato
Colore
Regista
Sergio Leone
Attori
Clint Eastwood
Lee Van Cleef
Gian Maria Volonté
Mario Brega
Luigi Pistilli
Klaus Kinski
Benito Stefanelli
Il Monco (Clint Eastwood) e il Colonnello (Lee Van Cleef), due spietati cacciatori di taglie, si uniscono per rintracciare e uccidere il temibile Indio (Gian Maria Volonté), la cui testa vale ben 10.000 dollari. Appena evaso di prigione, l'Indio organizza un colpo alla banca di El Paso insieme ai suoi compagni: per i due bounty hunter è l'occasione giusta per poterlo accoppare.
Secondo capitolo della “trilogia del dollaro”, che si è aperta con Per un pugno di dollari (1964) e si chiuderà con Il buono, il brutto, il cattivo (1966), Per qualche dollaro in più è l'opera che porta Sergio Leone alla piena maturità. Aperto da un notevole incipit, accompagnato dalle impeccabili note di Ennio Morricone, il film rende ancor più definito lo stile del regista che, dopo aver rinnovato il genere western con il suo lungometraggio precedente, si trasforma in un Autore a tutti gli effetti. I tempi dilatati che si contrappongono a rapidi tagli di montaggio, i campi lunghissimi e i primi piani: la messinscena del regista romano è costruita su contrapposizioni visive, capaci di scuotere e far sobbalzare anche lo spettatore più diffidente. Come i successivi C'era una volta il West (1968) e C'era una volta in America (1984), Per qualche dollaro in più è anche un lungometraggio nostalgico, che riflette malinconicamente sullo scorrere del tempo: l'arrivo della ferrovia, come minaccia di un cambiamento che porterà un intero mondo (il far west) a finire; il passato, come unica chiave di volta per dare un senso al proprio presente (il tragico ricordo dell'Indio; la necessità di una vendetta per il Colonnello), simboleggiato da due carillon che scandiscono la durata del duello finale. “Vecchio” e “ragazzo” sono, inoltre, i soprannomi con cui si chiamano a vicenda i due cacciatori di taglie (nonostante tra Eastwood e Van Cleef all'anagrafe ci siano soltanto cinque anni di differenza), protagonisti di una splendida sequenza di tiro al bersaglio (o, sarebbe meglio dire, di “tiro al cappello”) che ricorda le pellicole slapstick del cinema muto. Nell'ottimo cast il migliore è però Gian Maria Volonté, straordinariamente intenso nei panni del tormentato Indio, personaggio succube delle droghe e di un senso di colpa da cui non potrà mai liberarsi. Da pelle d'oca il duello finale, in cui Eastwood fa da arbitro parziale. L'ironia non manca e, tra un'emozione e l'altra, c'è anche spazio per farsi qualche sonora risata. In Italia fu il maggiore successo di pubblico della stagione 1965-1966: incassò quasi 3 miliardi e mezzo di lire.
Secondo capitolo della “trilogia del dollaro”, che si è aperta con Per un pugno di dollari (1964) e si chiuderà con Il buono, il brutto, il cattivo (1966), Per qualche dollaro in più è l'opera che porta Sergio Leone alla piena maturità. Aperto da un notevole incipit, accompagnato dalle impeccabili note di Ennio Morricone, il film rende ancor più definito lo stile del regista che, dopo aver rinnovato il genere western con il suo lungometraggio precedente, si trasforma in un Autore a tutti gli effetti. I tempi dilatati che si contrappongono a rapidi tagli di montaggio, i campi lunghissimi e i primi piani: la messinscena del regista romano è costruita su contrapposizioni visive, capaci di scuotere e far sobbalzare anche lo spettatore più diffidente. Come i successivi C'era una volta il West (1968) e C'era una volta in America (1984), Per qualche dollaro in più è anche un lungometraggio nostalgico, che riflette malinconicamente sullo scorrere del tempo: l'arrivo della ferrovia, come minaccia di un cambiamento che porterà un intero mondo (il far west) a finire; il passato, come unica chiave di volta per dare un senso al proprio presente (il tragico ricordo dell'Indio; la necessità di una vendetta per il Colonnello), simboleggiato da due carillon che scandiscono la durata del duello finale. “Vecchio” e “ragazzo” sono, inoltre, i soprannomi con cui si chiamano a vicenda i due cacciatori di taglie (nonostante tra Eastwood e Van Cleef all'anagrafe ci siano soltanto cinque anni di differenza), protagonisti di una splendida sequenza di tiro al bersaglio (o, sarebbe meglio dire, di “tiro al cappello”) che ricorda le pellicole slapstick del cinema muto. Nell'ottimo cast il migliore è però Gian Maria Volonté, straordinariamente intenso nei panni del tormentato Indio, personaggio succube delle droghe e di un senso di colpa da cui non potrà mai liberarsi. Da pelle d'oca il duello finale, in cui Eastwood fa da arbitro parziale. L'ironia non manca e, tra un'emozione e l'altra, c'è anche spazio per farsi qualche sonora risata. In Italia fu il maggiore successo di pubblico della stagione 1965-1966: incassò quasi 3 miliardi e mezzo di lire.
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