Perdizione
Kárhozat
1988
Paese
Ungheria
Genere
Drammatico
Durata
120 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Béla Tarr
Attori
Gábor Balogh
János Balogh
Péter Breznyik Berg
Imre Chmelik
György Cserhalmi

Karrer (Gábor Balogh) trascorre la sua vita istante dopo istante, immerso nel più totale grigiore di giorni mesti e deprimenti. La sua esistenza appare insostenibile a chiunque, mentre la sua frustrazione si fa sempre più palpabile e incontrovertibile.

Sul finire degli anni '80, il regista ungherese Béla Tarr dà vita alla metamorfosi più decisiva e imprescindibile di tutta la sua carriera: con Perdizione abbandona definitivamente il colore per approdare a un cinema sostanzialmente “unico”, girato secondo i canoni e codici di uno stile che usa il bianco e nero e il piano-sequenza quali punte di diamante e capisaldi irrinunciabili di un modo personale di intendere le immagini cinematografiche, il loro valore e i loro orizzonti possibili. E Perdizione è una pellicola caratterizzata da un dialogare rancoroso e straniato, sovraccarico di elementi morali, sottotesti, implicazioni filosofiche di vario genere: un flusso ininterrotto che dona al film un fascino apocalittico, amplificato oltre ogni misura dall'approccio di Tarr. Viscerale e metafisica, cupa e disperata, un'opera che non rinuncia alla tangibilità ruvida dei propri fotogrammi, a dispetto di quanto di solito l'assenza di colore induce a fare («Il bianco e nero infatti contiene in sé un principio di astrazione e lontananza dalla concretezza dell'oggetto», P. Bertetto). L'approdo definitivo non possono che essere i cani randagi, simboli di una fine del mondo già materializzatasi chissà quando e chissà dove, della quale gli umani rimasti nel tempo presente, all'interno di un universo così crudo e asettico, non sono che la diretta e indifferente manifestazione. Potentissimo, anche se il meglio (per Tarr) deve ancora arrivare.

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