Peter Rabbit
Peter Rabbit
2018
Paesi
Australia, Usa, Gran Bretagna
Generi
Avventura, Commedia
Durata
100 min.
Formato
Colore
Regista
Will Gluck
Attori
Domhnall Gleeson
Rose Byrne
Sam Neill
Peter Rabbit, insieme a suo cugino Benjamin e alle tre sorelle Flopsy, Mopsy e Cotton-Tail, vive in una tana che confina con l’orto del malefico e misantropo signor McGregor (Sam Neill), uomo anziano e goloso che tiene alla larga gli animali dal proprio orto con ogni sorta di stratagemma. Quando, a causa di un infarto, l’anziano McGregor passa a miglior vita, un suo erede che lavora da Harrods (Domhnall Gleeson) ne eredita la magione: la sua ostilità verso i conigli e i loro assalti all’orto non sarà da meno, peccato però che la vicina di casa della quale si innamora, la deliziosa pittrice Bea (Rose Byrne), li adori alla follia e viva in simbiosi con loro…
Il regista Will Gluck, a quattro anni di distanza da Annie - La felicità è contagiosa (2014), torna alla regia con l’adattamento di uno dei classici della letteratura anglosassone per l’infanzia, creato dalla scrittrice Beatrix Potter nel 1903. Gli attori in carne e ossa coesistono con l’animazione degli incorreggibili animali protagonisti, targata Sony Pictures Animation e Columbia, in un mix di ironia e avventura che tenta però a più riprese di sganciarsi da un mondo esclusivamente infantile per corredare il tutto di simpatia sboccata, doppi sensi ammiccanti e volgarotti e ritmo, si fa per dire, indiavolato, quando in realtà l’unico ad avere un diavolo per capello è l’insopportabile McGregor di Domhnall Gleeson. Pertanto l’operazione, più che del classico di riferimento, è debitrice di tanta tradizione anche recente di cinema d’animazione alle prese con umani rimbambiti e animaletti sguinzagliati, inarrestabili e dal vociare stridulo e fastidioso, sul modello di Alvin Superstar (2007). Nel complesso un mero prodotto di intrattenimento a cavallo tra solarità bambinesca e scorrettezza più adulta, solo saltuariamente godibile ma quasi mai davvero divertente: non si rimpiange certo Orwell, ma Babe – Maialino coraggioso (1995) almeno e di sicuro sì. Il garbo british, anche se più pepato, si pone nel solco di Paddington, anche se i film sul tenero orsetto hanno una finezza d’immaginario e una ricercatezza nella costruzione che Peter Rabbit si sogna.
Il regista Will Gluck, a quattro anni di distanza da Annie - La felicità è contagiosa (2014), torna alla regia con l’adattamento di uno dei classici della letteratura anglosassone per l’infanzia, creato dalla scrittrice Beatrix Potter nel 1903. Gli attori in carne e ossa coesistono con l’animazione degli incorreggibili animali protagonisti, targata Sony Pictures Animation e Columbia, in un mix di ironia e avventura che tenta però a più riprese di sganciarsi da un mondo esclusivamente infantile per corredare il tutto di simpatia sboccata, doppi sensi ammiccanti e volgarotti e ritmo, si fa per dire, indiavolato, quando in realtà l’unico ad avere un diavolo per capello è l’insopportabile McGregor di Domhnall Gleeson. Pertanto l’operazione, più che del classico di riferimento, è debitrice di tanta tradizione anche recente di cinema d’animazione alle prese con umani rimbambiti e animaletti sguinzagliati, inarrestabili e dal vociare stridulo e fastidioso, sul modello di Alvin Superstar (2007). Nel complesso un mero prodotto di intrattenimento a cavallo tra solarità bambinesca e scorrettezza più adulta, solo saltuariamente godibile ma quasi mai davvero divertente: non si rimpiange certo Orwell, ma Babe – Maialino coraggioso (1995) almeno e di sicuro sì. Il garbo british, anche se più pepato, si pone nel solco di Paddington, anche se i film sul tenero orsetto hanno una finezza d’immaginario e una ricercatezza nella costruzione che Peter Rabbit si sogna.
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