Varie tribù di procioni dai poteri magici si uniscono nella lotta terroristica contro gli uomini che minacciano di abbattere la loro foresta. Sotto certi punti di vista, è il più infantile film di Takahata e anche il più comico, quello meno legato al cinema giapponese classico e più prepotentemente in linea con i ritmi di alcune opere di Hayao Miyazaki (autore del soggetto), a partire dalla resa bambinesca e magica del rapporto tra uomo e natura. Più pessimista e drastico dei modelli a cui attinge, quasi tragico nel rendere gli esseri umani come grotteschi mostri che non riescono quasi ad accettare l'essere parte della natura, trasformando il legame in sé per sé in un conflitto. Quella conclusiva non sembra una moraletta ecologista, ma ha più la parvenza di un poetico onirismo (la mitologia scintoista giapponese che vede i procioni, come le volpi, in veste fiabesca) che, dopo un'ora e mezza abbondante di intimismo e goliardia, si attesta a metà tra una parabola nostalgica e un grido di aiuto. Lirico, divertente e allucinogeno, non particolarmente originale dal punto di vista stilistico ma sicuramente tra le opere più complete del regista giapponese.