Alistair (Sam Caflin) e Miles (Max Irons), ricchissimi e con alle spalle una famiglia importante, vengono ammessi a Oxford ed entrano in contatto col Riot Club, confraternita in cui l'eccesso e la sregolatezza sono all'ordine del giorno. Da quel momento la loro vita cambia per sempre e la licenziosità diventa il loro pane quotidiano.

Difficile immaginare un trattamento delle pulsioni giovanili verso la sfrenatezza e l'irrefrenabile ricerca del vizio, più monocorde e anonimo di Posh. La regista danese Lone Scherfig adatta la pièce teatrale di Laura Wade adagiandosi con sufficienza sull'impostazione da palcoscenico del testo di partenza, e il risultato ne è pregiudicato in maniera irreversibile: dialoghi meccanici e prolissi, un'idea di messa in scena ossessivamente ripetitiva e priva di un respiro autentico, l'assenza palese non solo di un'idea di cinema ma anche di un basilare abbozzo di messa in scena. La Scherfig nemmeno ci prova, convinta che, per raccontare, basti inscenare. E il film sembra non partire mai, tragicamente uguale a se stesso dall'inizio alla fine, con un commento moralistico decisamente scontato che grava sull'impianto generale, e che raggiunge esiti pasticciati quando la regista tenta di alzare maldestramente il tiro. Il finale vorrebbe anch'esso elevare l'asticella ed, effettivamente, qualcosa smuove, ma il quadro complessivo è così modesto da affossare qualsiasi ambizione.