La prima pietra
2018
Paese
Italia
Genere
Commedia
Durata
77 min.
Formato
Colore
Regista
Rolando Ravello
Attori
Kasia Smutniak
Corrado Guzzanti
Lucia Mascino
Valerio Aprea
Iaia Forte
Serra Yilmaz
Poco prima della vacanze di Natale, in una scuola elementare, un bambino lancia una pietra contro una finestra e ferisce lievemente un bidello. Si tratta di un bimbo musulmano e l’accaduto darà vita a un acceso dibattito tra il preside (Corrado Guzzanti), la maestra (Lucia Mascino), il bidello e sua moglie (Valerio Aprea e Iaia Forte), la mamma del bambino e sua suocera (Kasia Smutniak e Serra Yılmaz).
L’attore e regista Rolando Ravello, già autore di Tutti contro tutti e Ti ricordi me?, realizza con La prima pietra un oggetto singolare e alieno, soprattutto se confrontato alla media delle commedie italiane standardizzate e mainstream: un film da camera serrato e chiuso nella scrittura e nelle ambientazioni, ma allo stesso capace di spaziare sotto il profilo sociale e antropologico; una sorta di Carnage (2011) italiano in miniatura avvinghiato ai tanti vizi e alle poche virtù di una società sempre più noncurante dell’apertura verso l’altro, atomizzata e aggrovigliata su se stessa e sulle proprie vedute rabbiose e populiste. Non mancano i limiti e i manicheismi nella sceneggiatura, i passaggi a vuoto e i compiacimenti grossolani che soffocano e in parte affossano il respiro dell’operazione, ma il tentativo, sebbene annacquato, è comunque da segnalare e si lascia apprezzare. In primo luogo per il sano desiderio di crudeltà che emana e, in seconda battuta, per la capacità di spingere il proprio evidente bozzettismo verso una commedia umana di più ampio e cinico respiro. Ravello, che stavolta non si affianca al solito sodale Massimiliano Bruno nella stesura del soggetto (il film è tratto dalla pièce teatrale di Stefano Massini) guarda a un’idea di messa in scena quasi giudiziaria per ritmo e scansione, che trova nell’unità aristotelica di tempo, luogo e azione un compattezza in cui la quadratura del cerchio in certi casi latita ma a non far difetto, in compenso, è il coraggio dell’affresco in scala ridotta, tra storpiature misere, umanità respingente e, perfino, radiografia delle minoranze etniche, da quella araba al personaggio ebreo di Valerio Aprea. A stupire, però, è soprattutto il proteiforme Corrado Guzzanti, perfetto nei panni del preside e probabilmente uno dei pochi comici su piazza a poter fungere da deus ex machina per un’operazione del genere, sfruttando appieno le risorse corrosive della sua maschera da autore satirico.
L’attore e regista Rolando Ravello, già autore di Tutti contro tutti e Ti ricordi me?, realizza con La prima pietra un oggetto singolare e alieno, soprattutto se confrontato alla media delle commedie italiane standardizzate e mainstream: un film da camera serrato e chiuso nella scrittura e nelle ambientazioni, ma allo stesso capace di spaziare sotto il profilo sociale e antropologico; una sorta di Carnage (2011) italiano in miniatura avvinghiato ai tanti vizi e alle poche virtù di una società sempre più noncurante dell’apertura verso l’altro, atomizzata e aggrovigliata su se stessa e sulle proprie vedute rabbiose e populiste. Non mancano i limiti e i manicheismi nella sceneggiatura, i passaggi a vuoto e i compiacimenti grossolani che soffocano e in parte affossano il respiro dell’operazione, ma il tentativo, sebbene annacquato, è comunque da segnalare e si lascia apprezzare. In primo luogo per il sano desiderio di crudeltà che emana e, in seconda battuta, per la capacità di spingere il proprio evidente bozzettismo verso una commedia umana di più ampio e cinico respiro. Ravello, che stavolta non si affianca al solito sodale Massimiliano Bruno nella stesura del soggetto (il film è tratto dalla pièce teatrale di Stefano Massini) guarda a un’idea di messa in scena quasi giudiziaria per ritmo e scansione, che trova nell’unità aristotelica di tempo, luogo e azione un compattezza in cui la quadratura del cerchio in certi casi latita ma a non far difetto, in compenso, è il coraggio dell’affresco in scala ridotta, tra storpiature misere, umanità respingente e, perfino, radiografia delle minoranze etniche, da quella araba al personaggio ebreo di Valerio Aprea. A stupire, però, è soprattutto il proteiforme Corrado Guzzanti, perfetto nei panni del preside e probabilmente uno dei pochi comici su piazza a poter fungere da deus ex machina per un’operazione del genere, sfruttando appieno le risorse corrosive della sua maschera da autore satirico.
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