Project Power
Project Power
2020
Netflix
Paese
Usa
Genere
Azione
Durata
113 min.
Formato
Colore
Registi
Henry Joost
Ariel Schulman
Attori
Jamie Foxx
Joseph Gordon-Levitt
Dominique Fishback
Rodrigo Santoro
Per le strade di New Orleans comincia a diffondersi la voce di una misteriosa nuova pillola che scatena superpoteri diversi a seconda di chi la prende. Il problema? Non sai cosa succederà finché non la prendi. Mentre alcuni sviluppano una pelle antiproiettile, il dono dell'invisibilità o una forza sovrumana, per altri la reazione è letale. Quando la pillola provoca un pericoloso aumento della criminalità in città, un poliziotto locale (Joseph Gordon-Levitt) si allea con una giovane spacciatrice (Dominique Fishback) e un ex soldato motivato da una vendetta segreta (Jamie Foxx) per combattere il potere ad armi pari, prendendo la pillola nella speranza di riuscire a trovarne e a fermarne gli inventori.

Il superpotere come potenzialità infinita e sterminata, ma anche come incognita a perdita d’occhio, come moltiplicatore di senso e possibilità: parte da qui lo sceneggiatore Mattson Tomlin (anche autore dello script di The Batman di Matt Reeves) per tentare di dare nuova linfa, con una declinazione un po’ alla Limitless (2011), al cinecomic: genere commercialmente granitico ma talvolta avaro, nel nuovo millennio e Marvel a parte, di azzardi fisici e guanti di sfida lanciati a quegli spettatori che al cinema chiedono anche un lavoro su delle immagini destinate a restare. La committenza di Netflix e la natura di prodotto destinato allo streaming permette come sempre di giocare con molta libertà e senza eccessiva preoccupazione per le ricadute e il duo che siede dietro la macchinata presa, composto da Henry Joost e Ariel Schulman (registi del già derivativo Nerve), sembra aver voglia di prendersela tutta. A dispetto della premessa importante le ambizioni sono però prossime allo zero, l’incedere della narrazione è impalpabile, fracassone e stiracchiato, nessuno dei pur esplosivi spunti viene mandato in porto degnamente e il forzato empowerment della giovane protagonista, fatta cozzare a forza con una trivialità scabrosa solo sulla carta (in realtà parecchio innocua e stolida), non sortisce effetti di sorta. La confezione non scade mai del tutto nel ridicolo e tiene sufficientemente alta l’asticella di qualche gioco cromatico tanto ludico quanto affastellato, ma il pasticcio alla lunga finisce col giocare esclusivamente d’accumulo sparando nel mucchio senza troppi complimenti. Se di calderone pop si tratta, non si va oltre la brodaglia e il rimasuglio di frammenti (o per meglio dire di frattaglie) di immaginari già spremuti e ormai prossimi al rachitismo. Una sorta di Crank in tono minore, con alla base un gusto Marvel alquanto appannato. Solo per nerd (assai poco) esigenti.
Maximal Interjector
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