Liegi: il quindicenne Igor (Jérémie Rénier) aiuta il padre, Roger (Olivier Gourmet), che sfrutta gli immigrati clandestini, facendoli lavorare per la sua impresa di costruzioni in condizioni disumane. Quando uno dei lavoranti, Hamidou (Rasmane Ouédraogo), cade da una impalcatura e muore, Igor inizia ad avere dei dubbi sulle attività illecite del padre e decide di proteggere la moglie, Assita (Assita Ouédraogo), e il figlio dell'operaio morto dalle prepotenze di Roger. Tra le prime opere di finzione dei fratelli Dardenne dopo un'esperienza decennale nel cinema documentaristico. Il retaggio estetico è evidente dal taglio realistico della loro messa in scena, estremamente rigorosa ed essenziale, caratterizzata da un uso funzionale della camera a mano che bracca letteralmente i protagonisti e li segue nei loro movimenti. Ridotti al minimo indispensabile i dialoghi e studiata una forma narrativa che dà la priorità alla forza espressiva delle immagini, i due cineasti belgi raccontano un mondo marginale, fatto di squallore, sopraffazione e solitudine. Ma la vitalità schietta e disperata di Igor porta a rompere un equilibrio prestabilito e a rimettere in discussione i codici comportamentali di un sottobosco sociale spietato nel suo cinico pragmatismo: tradendo la morale familiare (fatta di omertà e soprusi), il ragazzo cerca redenzione nel tentativo sincero e un po' ingenuo di fare la cosa giusta, ribellandosi alle consuetudini di un mondo cui non si sente di appartenere. Il minimalismo formale dei due registi porta la realtà a rivelarsi davanti alla macchina da presa, evidenziando contraddizioni psicologiche e conflitti interiori insoluti dei personaggi con semplicità e efficacia, toccando notevoli punte di lirismo, rinunciando a qualsiasi facile trucco melodrammatico e raccontando il tutto con una partecipazione emotiva e una capacità di appassionare a dir poco struggenti, come mostra lo splendido finale. Jérémie Rénier e Olivier Gourmet diventeranno due attori feticcio dei Dardenne.