Adam (Charlie Plummer) è un adolescente molto intelligente e dal carattere introspettivo che coltiva una grande passione: la cucina. Un giorno, però, Adam vede i suoi sogni sgretolarsi: portato in ospedale a seguito di un incidente, scopre di essere schizofrenico. Trasferito in un'accademia cattolica, il giovane cerca di adattarsi al nuovo ambiente, sforzandosi di tenere segreta la propria malattia per non essere compatito o etichettato come diverso. Quando si imbatte in Maya (Taylor Russell), una sua coetanea brillante, schietta e spiritosa, per Adam è un colpo di fulmine: sarà proprio lei ad aiutarlo a costruirsi una nuova vita e ad avere nuova fiducia in se stesso.
«Tu non sei la tua malattia». Questo il messaggio dell’opera di Thor Freudenthal, che dopo aver adattato per il grande schermo Diario di una schiappa (2010) e Percy Jackson e gli dei dell’olimpo – Il mare dei mostri (2013), torna dietro la macchina da presa per la trasposizione delle pagine di Julia Walton. Più cupo delle opere precedenti, il film racconta la storia di un ragazzo schizofrenico, veicolando un messaggio che possa sensibilizzare verso questa malattia, evitando lo stigma di cui è spesso vittima chi ne soffre, considerato diverso e pericoloso. Freudenthal sceglie di rappresentare “le voci” come degli esseri umani che compaiono all’improvviso di fronte al giovane Adam per influenzarlo nelle sue azioni: una soluzione accattivante nelle prime battute, ma che alla lunga potrebbe risultare ridondante e prevedibile nello svolgimento della trama. L’intreccio scorre fluido, ma allo stesso tempo un tema così delicato viene trattato in una maniera probabilmente troppo semplicistica, pur non nascondendo nulla, ma con alcuni passaggi eccessivamente retorici. Il regista non si discosta dal registro adolescenziale delle opere precedenti, quindi anche i passaggi più drammatici sono filtrati attraverso la lente dell’età cui è rivolto il film, che risulta sicuramente efficace e funzionale per un pubblico da scuola superiore: un’occasione parzialmente persa, purtroppo.