Attratto da un sanguinoso massacro avvenuto trentacinque anni prima, il regista Ikuo Matsumura (Kippei Shīna) decide di trarne un film da girare proprio nel luogo dell'accaduto: un albergo ormai in disuso. Con l'inizio delle riprese, però, l'attrice Nagisa Sugiura (Yūka) comincia ad avere spaventose visioni legate alle vittime del tragico evento. Dopo l'esperimento solo parzialmente riuscito di Marebito (2004), Takashi Shimizu si butta nuovamente a capofitto in una storia di fantasmi vendicativi e luoghi maledetti che scomoda più o meno dichiaratamente grandi capisaldi dell'horror occidentale quali Shining (1980) di Stanley Kubrick, Psyco (1960) di Alfred Hitchcock e, a margine, Zombi (1978) di George A. Romero. Modelli importanti che Shimizu dimostra di aver assimilato poco e male. Bastano pochi minuti perché la pellicola si perda in un groviglio confuso di piani temporali e narrativi scivolando, insieme ai suoi protagonisti, in deliri allucinatori senza soluzione di continuità. Da parte di Shimizu, poco più che una scelta di comodo per poter allestire il consueto campionario di spaventi e apparizioni senza doversi preoccupare di alcuna compattezza narrativa.