Germania, anni settanta: l'epilettica Michaela (Sandra Hüller) abbandona il suo paese di provincia per andare a studiare all'università di Tubinga, malgrado il parere contrario della madre bigotta (Imogen Kogge) ma grazie all'intermediazione del padre (Burghart Klaussner). Michaela fa amicizia con Hanna (Anna Blomeier), si innamora di Stefan (Nicholas Reinke) ma i suoi attacchi non accennano a diminuire, tanto da convincerla di essere posseduta dal demonio. Ispirato alla storia vera di Anneliese Michel, alla base anche del soggetto di The Exorcism of Emily Rose (2005), il film di Hans-Christian Schmid punta il dito contro l'ipocrisia di una società moralista che cerca soluzioni facili a questioni complesse. Quindi la religione diventa comodo rifugio per negare realtà problematiche e la fede l'antidoto piuttosto evanescente a un male di vivere profondamente radicato: le superstizioni hanno la meglio sull'approccio razionale o scientifico e ciascun personaggio vive di certezze che paiono inscalfibili, refrattarie a qualsiasi dubbio o lettura alternativa delle situazioni. Con uno stile che deve molto alla lezione del Dogma (fotografia livida, uso insistito della macchina a mano, abbondante utilizzo degli zoom), tanto da risultare un po' di maniera, il regista cerca il realismo per restituire il senso di disagio della protagonista che vive la propria infermità come una colpa, come una punizione divina e mai come una semplice condizione del proprio essere indipendente dalla propria o dalla altrui volontà. Qualche passaggio soffre di un certo didascalismo, ma nel complesso il film riesce a scuotere e a raccontare con efficacia una condizione di isolamento sociale e culturale che rivela ignoranza, bigottismo e superficialità portando inevitabilmente a una tragica conclusione. Strepitosa la prova di Sandra Hüller, premiata al Festival di Berlino 2006 come migliore attrice.