Richard Jewell
Richard Jewell
2019
Paese
Usa
Generi
Drammatico, Biografico
Durata
129 min.
Formato
Colore
Regista
Clint Eastwood
Attori
Paul Walter Hauser
Sam Rockwell
Kathy Bates
Jon Hamm
Olivia Wilde
Ian Gomez
Richard Jewell (Paul Walter Hauser), una guardia di sicurezza per la AT&T, evita l'esplosione di una bomba alle Olimpiadi di Atlanta del 1996. Il suo tempestivo intervento salva numerose vite, rendendolo un eroe. Ma in pochi giorni l’aspirante alle forze dell’ordine diventa il sospettato numero uno dell’FBI, diffamato sia dalla stampa che dalla popolazione.
Alla base c’è un articolo di Marie Brenner, pubblicato nel 1997 su Vanity Fair, dal titolo American Nightmare: The Ballad of Richard Jewell, da cui Clint Eastwood ha preso spunto per raccontare la storia vera (seppur incredibile) del timido Richard Jewell. Un ennesimo “antieroe” della filmografia eastwoodiana, in un film biografico che può ricordare per diverse ragioni Sully (2016) con Tom Hanks. Il regista, a quasi novant’anni di età, firma un pesante atto d’accusa contro le forze di polizia americane e, soprattutto, contro i media, capaci con i loro pregiudizi di arrivare a distruggere delle vite umane. È il caso di Jewell e di sua madre (ben interpretati da Paul Walter Hauser e Kathy Bates), vittime di un sistema giornalistico incentrato su ruffianerie e favori di bassa lega per agguantare lo scoop di turno. Lo sguardo di Eastwood è secco ed essenziale come sempre, va al punto che gli interessa senza perdersi in chiacchiere o in scelte retoriche, confermando la sua grande capacità di narratore e di descrittore di esistenze comuni che si trasformano improvvisamente in straordinarie. Incisivo nei momenti decisivi (la sequenza dell’esplosione, compresa), il film si perde in qualche passaggio un po’ ridondante nella parte centrale ed è anche per questo motivo che il ritmo funziona a fasi alterne. Nonostante questo, a ogni modo il messaggio arriva forte e chiaro, la messinscena non ha pecche evidenti e il film si può dire riuscito anche per i tanti spunti di riflessione che lascia al termine della visione. Scritto da Billy Ray.
Alla base c’è un articolo di Marie Brenner, pubblicato nel 1997 su Vanity Fair, dal titolo American Nightmare: The Ballad of Richard Jewell, da cui Clint Eastwood ha preso spunto per raccontare la storia vera (seppur incredibile) del timido Richard Jewell. Un ennesimo “antieroe” della filmografia eastwoodiana, in un film biografico che può ricordare per diverse ragioni Sully (2016) con Tom Hanks. Il regista, a quasi novant’anni di età, firma un pesante atto d’accusa contro le forze di polizia americane e, soprattutto, contro i media, capaci con i loro pregiudizi di arrivare a distruggere delle vite umane. È il caso di Jewell e di sua madre (ben interpretati da Paul Walter Hauser e Kathy Bates), vittime di un sistema giornalistico incentrato su ruffianerie e favori di bassa lega per agguantare lo scoop di turno. Lo sguardo di Eastwood è secco ed essenziale come sempre, va al punto che gli interessa senza perdersi in chiacchiere o in scelte retoriche, confermando la sua grande capacità di narratore e di descrittore di esistenze comuni che si trasformano improvvisamente in straordinarie. Incisivo nei momenti decisivi (la sequenza dell’esplosione, compresa), il film si perde in qualche passaggio un po’ ridondante nella parte centrale ed è anche per questo motivo che il ritmo funziona a fasi alterne. Nonostante questo, a ogni modo il messaggio arriva forte e chiaro, la messinscena non ha pecche evidenti e il film si può dire riuscito anche per i tanti spunti di riflessione che lascia al termine della visione. Scritto da Billy Ray.
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