Cresciuto in un orfanotrofio, il piccolo Lewis è molto appassionato alle scienze e alla tecnologia; quando una sua invenzione – uno scanner mnemonico – viene rubata da un uomo che indossa una bombetta, il ragazzo entra in contatto con il coetaneo Wilbur, che sostiene di venire dal futuro, dove condurrà Lewis. Giunti “a destinazione”, quest'ultimo prova a riparare la macchina del tempo di Wilbur, che nel frattempo lo introduce alla sua “bizzarra” famiglia. Ispirato al romanzo per l'infanzia A Day with Wilbur Robinson (1990) di William Joyce, il 47esimo classico Disney arranca nel pantano limaccioso generato dalla fascinazione tra passato e futuro sulla quale si basa l'impianto narrativo del film. Realizzato in computer grafica, I Robinson – Una famiglia spaziale è confuso e poco interessante, volge un ambizioso “sguardo” al futuro – in tutti i sensi: tecnologico, morale, intellettuale – e dimentica di strutturare la narrazione in maniera uniforme e compatta, dando vita a una baraonda di personaggi iperattivi, “ipercaratterizzati” e “iperdimenticabili”. Persino il contrasto con la figura dell'antagonista (l'uomo con la bombetta dall'identità misteriosa) viene annientata dall'assoluta assenza di sfumature e spessori, e dal contorto gioco temporale che vorrebbe essere la gemma dell'opera. Colonna sonora della teen band Jonas Bros: il futuro non è mai stato così respingente.