Scene da un matrimonio
Scener ur ett äktenskap
1973
Amazon Prime Video
Paese
Svezia
Generi
Drammatico, Sentimentale
Durata
169 min.
Formato
Colore
Regista
Ingmar Bergman
Attori
Erland Josephson
Liv Ullmann
Bibi Andersson
Jan Malmsjö
Anita Wall
Marianne (Liv Ullmann) e Johan (Erland Josephson) sono una coppia apparentemente felice, ma ben presto le difficoltà del loro matrimonio, taciute per troppo tempo, finiranno per spezzare l'equilibrio costruito in tanti anni.
Autentica fenomenologia del matrimonio nonché opera definitiva sul tempo come privazione di felicità. Nella sua pessimistica diagnosi sulla coppia, Ingmar Bergman agisce come un osservatore spietato, dal metodo infallibilmente scientifico: ogni crepa della relazione, quasi impercettibile a prima vista, finisce per alimentarsi in un perenne stato d'ipertrofia. La crisi è un virus che opprime gli ambienti, nega il cielo, toglie l'aria e priva i suoi modelli dell'ossigeno necessario. Il film risulta quasi un kammerspiel con due attori, alla ricerca infinita di un affetto e di una pace negata dal tempo e dall'identità. Probabilmente si tratta dell'opera più devastante e “violenta” di Bergman, così intima e personale da straziare fino allo sfinimento. Questo teatro della vita presenta un'imperfezione latente e velenosa sempre pronta a insinuarsi nello sguardo: Bergman è tutto teso a catturare ogni minimo cambio di espressione, ogni piccola scintilla negli occhi dei suoi magnifici attori. Inizialmente pensato per la televisione, in un'edizione da trecento minuti, venne poi proposto anche per il cinema in versione ridotta.
Autentica fenomenologia del matrimonio nonché opera definitiva sul tempo come privazione di felicità. Nella sua pessimistica diagnosi sulla coppia, Ingmar Bergman agisce come un osservatore spietato, dal metodo infallibilmente scientifico: ogni crepa della relazione, quasi impercettibile a prima vista, finisce per alimentarsi in un perenne stato d'ipertrofia. La crisi è un virus che opprime gli ambienti, nega il cielo, toglie l'aria e priva i suoi modelli dell'ossigeno necessario. Il film risulta quasi un kammerspiel con due attori, alla ricerca infinita di un affetto e di una pace negata dal tempo e dall'identità. Probabilmente si tratta dell'opera più devastante e “violenta” di Bergman, così intima e personale da straziare fino allo sfinimento. Questo teatro della vita presenta un'imperfezione latente e velenosa sempre pronta a insinuarsi nello sguardo: Bergman è tutto teso a catturare ogni minimo cambio di espressione, ogni piccola scintilla negli occhi dei suoi magnifici attori. Inizialmente pensato per la televisione, in un'edizione da trecento minuti, venne poi proposto anche per il cinema in versione ridotta.
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