Il presidente degli Stati Uniti (Phil Hartman), alla viglia della scadenza del primo mandato, decide di ospitare gli orfani pakistani di Karachi, città distrutta da una bomba nucleare indiana, con una mossa tattica per ingraziarsi l'elettorato progressista. Al contrario, il governatore dell'Idaho Jim Farley (Beau Bridges), per tirare dalla sua i nazionalisti, decide di chiudere le frontiere del suo stato ai rifugiati. La Casa Bianca gli dà un ultimatum. Leggera satira per la TV, prodotta dalla HBO, che Dante sfrutta per prendere violentemente in giro i due versanti dell'America eternamente alle prese con questioni di immigrazione: da una parte il buonismo interessato di chi vuole accogliere tutti per fare bella figura, dall'altro il razzismo patriottico di chi vuole privilegiare gli oriundi. Il tema è ancora vivo e scottante e Dante sa bene come prendersi gioco anche (autoreferenzialmente, visto che è un prodotto televisivo) dell'atteggiamento spietato e incongruente dei media, disposti a tutto pur di fare audience (come nella sequenza in cui viene proposto di lanciare un montaggio con gli orfani, alternati al video di We Are the World). Tuttavia la messinscena non gode di grandi mezzi e si vede, né Dante, al di là del felice intento satirico, sembra particolarmente ispirato: dopo un po' il giochino mostra la corda. Bravo Beau Bridges, che fa il verso a certo ipocrita conservatorismo a stelle e strisce alla Bush, quando in realtà è perdutamente innamorato di una giornalista messicana (Elizabeth Peña).