Selfie
2019
Mubi
Paese
Italia
Genere
Documentario
Durata
76 min.
Formato
Colore
Regista
Agostino Ferrente
Nel 2014 Davide Bifolco, sedicenne originario del Rione Traiano, quartiere complicato di Napoli, viene scambiato da un latitante a bordo di uno scooter e colpito alla schiena da un colpo di pistola di un Carabiniere, che lo uccide. Quattro anni dopo, nel 2018, il regista Agostino Ferrente decide di immergersi nel rione per raccontare la vicenda di Davide attraverso la testimonianza, diretta e auto-prodotta, di coloro che lo conoscevano.
Coniugando in maniera sorprendente e mirabile cinema del reale e tecnologie digitali, il documentarista Agostino Ferrente, già co-autore del sorprendente Le cose belle, firma un dolente e vitalissimo auto-ritratto giovanile che trova nelle immagini generate direttamente da dei giovani partenopei un dispositivo calzante e mirato, capace di negare l’assunto dell’osservazione voyeuristica del regista per fornire a dei ragazzi come tanti l’opportunità di riprendere e di riprendersi, scoperchiando i molteplici lati della propria quotidianità non semplice e facendo luce su di essi evitando le semplificazioni a buon mercato della cronaca e del sentire comune. Selfie diventa così un’unica, grande soggettiva ribaltata, in cui non è la macchina da presa a scrutare i “personaggi” ma essi stessi a immortalarsi attraverso gli smartphone: l’impeto di verismo incrocia la pulsione dell’auto-rappresentazione e l’impeto dell’operazione, a dir poco teorico, ci porta a interrogarci sul punto di vista dei ragazzi e delle ragazze coinvolti nel progetto e sui confini e gli aspetti più scivolosi del cinema d’inchiesta più retorico e a mano armata, qui negato e sublimato da uno slancio poetico e di grande umanità. Ferrente lavora benissimo anche al montaggio, dosando con perizia anche le riprese a circuito chiuso che puntellano la narrazione, creando un’estetica ben precisa intorno ai filmati a disposizione e ponendosi in scia alle sperimentazioni più floride portate avanti dal cinema digitale nostrano negli ultimi vent’anni. Ne viene fuori uno spaccato livido e sofferto, che fluisce tra canzoni e confessioni, funerali e consapevolezze tutt’altro che pacificate, contraccolpi toccanti e continue irruzioni del “vero” nel “falso”. Il risultato finale, come suggerisce il titolo, è davvero un selfie lungo un film, dotato di un afflato commovente che vive e respira in ogni inquadratura, pur con delle inevitabili ridondanze e con qualche frammento più gratuito e meno legittimato dal disegno complessivo. Dedicato “a tutti i Davide Bifolco” e anche a suo fratello Tommaso, sulla cui tragica sorte provvedono a informarci, dopo l’ultimo “stop”, le didascalie conclusive. Dedicato Presentato nella sezione Panorama del Festival di Berlino 2019.
Coniugando in maniera sorprendente e mirabile cinema del reale e tecnologie digitali, il documentarista Agostino Ferrente, già co-autore del sorprendente Le cose belle, firma un dolente e vitalissimo auto-ritratto giovanile che trova nelle immagini generate direttamente da dei giovani partenopei un dispositivo calzante e mirato, capace di negare l’assunto dell’osservazione voyeuristica del regista per fornire a dei ragazzi come tanti l’opportunità di riprendere e di riprendersi, scoperchiando i molteplici lati della propria quotidianità non semplice e facendo luce su di essi evitando le semplificazioni a buon mercato della cronaca e del sentire comune. Selfie diventa così un’unica, grande soggettiva ribaltata, in cui non è la macchina da presa a scrutare i “personaggi” ma essi stessi a immortalarsi attraverso gli smartphone: l’impeto di verismo incrocia la pulsione dell’auto-rappresentazione e l’impeto dell’operazione, a dir poco teorico, ci porta a interrogarci sul punto di vista dei ragazzi e delle ragazze coinvolti nel progetto e sui confini e gli aspetti più scivolosi del cinema d’inchiesta più retorico e a mano armata, qui negato e sublimato da uno slancio poetico e di grande umanità. Ferrente lavora benissimo anche al montaggio, dosando con perizia anche le riprese a circuito chiuso che puntellano la narrazione, creando un’estetica ben precisa intorno ai filmati a disposizione e ponendosi in scia alle sperimentazioni più floride portate avanti dal cinema digitale nostrano negli ultimi vent’anni. Ne viene fuori uno spaccato livido e sofferto, che fluisce tra canzoni e confessioni, funerali e consapevolezze tutt’altro che pacificate, contraccolpi toccanti e continue irruzioni del “vero” nel “falso”. Il risultato finale, come suggerisce il titolo, è davvero un selfie lungo un film, dotato di un afflato commovente che vive e respira in ogni inquadratura, pur con delle inevitabili ridondanze e con qualche frammento più gratuito e meno legittimato dal disegno complessivo. Dedicato “a tutti i Davide Bifolco” e anche a suo fratello Tommaso, sulla cui tragica sorte provvedono a informarci, dopo l’ultimo “stop”, le didascalie conclusive. Dedicato Presentato nella sezione Panorama del Festival di Berlino 2019.
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