Antonio Barracano (Francesco Di Leva) è il “Sindaco" del Rione Sanità di Napoli, ovvero un amministratore della giustizia di quartiere lontano dalle logiche statali. Chi ha bisogno di favori o si trova in qualche guaio, sa di poter contare sul suo aiuto. Quando gli si presenta Rafiluccio Santaniello, il figlio del fornaio, deciso a uccidere il padre, Don Antonio decide di intervenire per riconciliare padre e figlio e salvarli entrambi.
Tratto dall'omonima opera teatrale di Eduardo De Filippo, riadattata in chiave moderna da Mario Martone che, prima di portarla sul grande schermo ne ha curato anche la messa in scena teatrale, Il Sindaco del Rione Sanità è un dramma umano calato nel mondo della malavita partenopea di gran lunga lontano dagli schemi narrativi ai quali siamo più abituati. Non vi sono scalate sociali, guerre familiari o grandi colpi da mettere a segno: il tutto è ambientato nella dimora del protagonista e segue il suo percorso di annullamento segnato da un'esistenza decisamente ai margini della legalità, ma non per questo priva di valori. Martone conserva lo scheletro del testo di partenza appesantendo (e non di poco) la prima parte del film. Eppure il lungometraggio cresce costantemente sino a un atto finale di rara potenza scenica, dove la rigidità del copione e l'unità di spazio sono in grado di restituire una gabbia morale (prima ancora che fisica) dalla quale i personaggi non riusciranno a scappare. Tutti mentono (più o meno consapevolmente), tutti recitano una parte sul palcoscenico delle loro esistenze e su quello teatrale/cinematografico orchestrato dal regista. Il soggetto di De Filippo ha il merito di indagare la sensibilità umana dei personaggi, la loro morale e la linea sottilissima che separa il Bene dal Male. A Martone invece va riconosciuta un'ottima padronanza del mezzo e la bravura nel dirigere l'intero cast. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2019.