Mary (Virginia Weidler) e Peter (Dickie Moore) sono due bambini inseparabili, affiatati compagni di giochi molto affezionati l'uno all'altra. Quando lui è costretto a partire, in seguito alla morte della madre, giura all'amica che non la dimenticherà mai. Diversi anni dopo, Peter (Gary Cooper) è diventato un noto architetto e si prepara a lavorare per un importante duca (John Halliday): la moglie di quest'ultimo è proprio Mary (Ann Harding) e, una volta rincontratisi, tra lei e Peter si riaccende quella fiamma mai sopita. Il destino però li costringe a stare distanti: Peter finisce in prigione e, ogni notte, sogna la sua amata Mary. «Un film prodigioso, trionfo del pensiero surrealista»: così André Breton descrisse Sogno di prigioniero, meraviglioso melò dai toni onirici e dalla forte componente visionaria. Il regista Henry Hathaway, che col movimento surrealista in realtà non aveva nulla a che fare, firma una delle pellicole sentimentali più appassionati e mirabili degli anni Trenta, puntando sul registro fantastico e su un rigore narrativo talmente toccante da far impallidire quasi tutti gli altri lungometraggi dello stesso genere. La descrizione di un amore eterno, raramente, sul grande schermo è stata altrettanto pregnante e coinvolgente: la conclusione è il degno coronamento di una pellicola che non ha paura di essere romantica a tutti gli effetti. Capace di evitare ogni rischio retorico, Hathaway dirige con fluidità invidiabile e sfrutta al meglio la bella fotografia di Charles Lang. Perfetto Gary Cooper. Tra i suoi massimi fan c'era anche Luis Buñuel che lo considerava uno dei film più belli della storia del cinema. Tratto da un romanzo di George Du Maurier e alla conseguente riduzione teatrale di Nathaniel Raphael, a cui già si era ispirato George Fitzmaurice per La vita è un sogno (1921).