Lo psicoanalista Chris Kelvin (George Clooney) è rimasto vedovo dopo il suicidio della moglie Rheya (Natascha McElhone). Quando riceve un messaggio da una base spaziale che orbita attorno al misterioso pianeta Solaris, dove stanno accadendo eventi inspiegabili, l'uomo decide di andare nello spazio per indagare. Lì scopre che il pianeta ha il potere di dare forma ai ricordi dell'inconscio e quindi avrà la possibilità di rivedere la defunta moglie.

Dopo il capolavoro di Andrej Tarkovskij del 1972, Steven Soderbergh riprende il romanzo omonimo scritto da Stanislaw Lem, per farne una sua versione. Più vicino all'essere considerato un riadattamento della controparte scritta che un remake del film del maestro sovietico, Solaris mantiene comunque un certo grado di ambizione, ma il regista lascia il suo film in un limbo, indeciso su che strada tematica e stilistica percorrere. Impossibile da paragonare all'opera di quarant'anni prima, perché meno complesso e più scarnificato nonostante alcune sequenze siano realizzate quasi alla lettera, la pellicola di Soderbergh parla di umanità, di rimorsi e di emozioni e soprattutto della difficoltà di lasciar andare i propri cari anche in una dimensione non umana. Ma tutta la parte filosofica e antropologica del romanzo è sacrificata per dare spazio a una fiacca storia d'amore tra Kelvin e la proiezione della moglie, come se l'ambientazione spaziale e il tema fossero solo un pretesto per raccontare una banale storia romantica. Un grande spreco, considerate le opere letterarie e cinematografiche di partenza.