Il sole
Solntse
2005
Paesi
Russia, Italia, Svizzera, Francia
Generi
Drammatico, Storico
Durata
110 min.
Formato
Colore
Regista
Alexandr Sokurov
Attori
Issei Ogata
Robert Dawson
Kaori Momoi
Shirō Sano
Shinmei Tsuji
Taijirō Tamura
Hiroya Morita
1945. Sul finire della Seconda guerra mondiale, l'imperatore giapponese Hirohito (Issei Ogata) deve confrontarsi con la devastazione nazionale e con il crollo di ideali secolarmente radicati. Incontrerà Douglas MacArthur (Robert Dawson), comandante dell'esercito americano, e sceglierà di rinunciare allo status di divinità, guidando il popolo alla resa.
Dopo Moloch (1999) e Toro (2001), Aleksandr Sokurov continua la sua riflessione sulle contraddizioni del Potere, scegliendo come fulcro narrativo il supremo Hirohito, simbolo primario di contrasti ideologici e culturali tra Oriente e Occidente («Non capisco come simili personaggi possano governare il mondo e mandare milioni di persone a morire»). Raramente le ipocrisie e la fondamentale inadeguatezza delle autorità hanno trovato rappresentazione tanto incisiva: Sokurov imbriglia il declino di un paese (e di un intero universo) in geometrie rigorose e assolute (le linee del palazzo imperiale, prigione fisica e mentale dell'Imperatore), metaforizzando i (ri)cicli storici e gli invalicabili schematismi della burocrazia governativa e facendo detonare dall'interno l'inevitabile punto di fissione. Ma la tragedia, quasi ieratica, avviene senza rumore: ed è proprio tale, assordante silenzio (anche i dialoghi tra MacArthur e Hirohito sono, almeno da parte di quest'ultimo, poco più che sussurrati) a sancire la definitiva caduta, stigmatizzando il Male attraverso l'orgoglio e l'ottusità («Una divinità, in un mondo così degradato, non può che esprimersi in giapponese»). Meno radicale rispetto ai precedenti capitoli e a tratti appannato da un ritmo contemplativo, Il sole si rivela illuminante nel definire la degenerazione di un universo che di divino non ha più nulla; a partire dal fragile protagonista, preda di compulsioni e automatismi che definiscono l'inettitudine connaturata alle ambizioni dell'essere umano. Splendida, pittorica e quasi sperimentale la fotografia (firmata dallo stesso regista), con colori che sembrano fuoriuscire dallo schermo. Presentato in concorso al Festival di Berlino.
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