Il figlio di Saul
Saul fia
2015
Paese
Ungheria
Generi
Drammatico, Guerra
Durata
107 min.
Formato
Colore
Regista
László Nemes
Attori
Géza Röhrig
Levente Molnár
Urs Rechn
Todd Charmont
Kamil Dobrowolski
Auschwitz, 1944. Saul (Géza Röhrig) è un prigioniero ungherese costretto ad aiutare i nazisti a completare i loro propositi di sterminio, spingendo le vittime fino alla camera a gas. Un giorno come tanti, tra i cadaveri, scopre un bambino che ancora respira. Anche un medico nazista se ne accorge e soffoca il ragazzino, che Saul identifica come suo figlio. Mentre i suoi compagni stanno preparando una rivolta, Saul ha un solo obiettivo: mettere in salvo quel corpo e dargli una degna sepoltura.
Intensa opera prima di László Nemes, già assistente alla regia per Béla Tarr ne L'uomo di Londra (2007). L'esordiente autore ungherese dimostra una straordinaria padronanza del mezzo cinematografico e mette la macchina da presa a stretto contatto con il protagonista nel tentativo di far vivere allo spettatore le sue emozioni, i suoi tormenti, le sue paure. La felice intuizione del film è quella di raccontare l'Olocausto con uno sguardo originale e profondamente innovativo, dando dunque forma a una perfetta simbiosi tra il punto di vista del protagonista e quello dello spettatore che così si trova letteralmente immerso in un abisso infernale. Nemes sceglie di mostrare l'orrore in maniera decisamente insolita, lasciandolo prevalentemente intuire attraverso suggestioni visive e sonore, ponendo buona parte degli elementi espliciti fuori fuoco e fuori campo (esemplare in tal senso la splendida sequenza iniziale): in questo modo l'impatto emotivo è ancora più forte e scioccante, valorizzando in forma espressiva la più recondita e universale delle paure umane, quella per l'ignoto. L'abominio assume dunque una connotazione terrificante in quanto vissuto e raccontato dall'interno attraverso una precisa e coraggiosa scelta stilistica che rende gli spettatori partecipi di un campionario di atrocità impressionanti e del dramma interiore di un uomo che cerca in tutti i modi di mantenere una forma di umanità in un mondo che sembra averla persa completamente. Un'esperienza audiovisiva fortissima, che si conclude con un finale magistrale e di enorme fascino. Vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes 2015 e del premio Oscar come miglior film straniero.
Intensa opera prima di László Nemes, già assistente alla regia per Béla Tarr ne L'uomo di Londra (2007). L'esordiente autore ungherese dimostra una straordinaria padronanza del mezzo cinematografico e mette la macchina da presa a stretto contatto con il protagonista nel tentativo di far vivere allo spettatore le sue emozioni, i suoi tormenti, le sue paure. La felice intuizione del film è quella di raccontare l'Olocausto con uno sguardo originale e profondamente innovativo, dando dunque forma a una perfetta simbiosi tra il punto di vista del protagonista e quello dello spettatore che così si trova letteralmente immerso in un abisso infernale. Nemes sceglie di mostrare l'orrore in maniera decisamente insolita, lasciandolo prevalentemente intuire attraverso suggestioni visive e sonore, ponendo buona parte degli elementi espliciti fuori fuoco e fuori campo (esemplare in tal senso la splendida sequenza iniziale): in questo modo l'impatto emotivo è ancora più forte e scioccante, valorizzando in forma espressiva la più recondita e universale delle paure umane, quella per l'ignoto. L'abominio assume dunque una connotazione terrificante in quanto vissuto e raccontato dall'interno attraverso una precisa e coraggiosa scelta stilistica che rende gli spettatori partecipi di un campionario di atrocità impressionanti e del dramma interiore di un uomo che cerca in tutti i modi di mantenere una forma di umanità in un mondo che sembra averla persa completamente. Un'esperienza audiovisiva fortissima, che si conclude con un finale magistrale e di enorme fascino. Vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes 2015 e del premio Oscar come miglior film straniero.
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