Una giovane insegnante francese, Marianne Danielle (Yvonne Monlaur) viene assegnata a una scuola in Transilvania: sola e spaesata, accetta l'ospitalità della Baronessa Meinster (Martita Hunt) che vive con il figlio (David Peel), giovane e strambo, in un oscuro castello. Scoprirà sulla propria pelle che le leggende transilvane sui vampiri hanno più di un fondamento di verità. Dopo il successo di Dracula il vampiro (1958) con Christopher Lee, Fisher ci riprova tornando a mettere il sempre bravo Peter Cushing nei panni del cacciatore Van Helsing: al posto dell'altissimo attore inglese, stavolta a interpretare il vampiro è chiamato il biondo Peel, aria aristocratica che commuove le signore più che sedurle. Con tutti i limiti del caso (sceneggiatura poco coesa, effetti speciali non sempre riusciti), rimane un interessante risultato per diverse ragioni: l'immaginario gotico Hammer scatenato e sanguinolento, specie nel mondo dei vampiri, la sensuale e ambigua tensione fra i protagonisti, la presenza di diverse scene autenticamente orrorifiche. D'altro canto, la recitazione è pessima (tranne che per la Hunt e Cushing, sempre in forma) e il Dracula efebico di Peel non è neanche lontanamente all'altezza della belva assetata incarnata da Lee: discontinuo e altalenante, non mancherà però di piacere ai fan della casa britannica.