Star 80
Star 80
1983
Paese
Usa
Generi
Biografico, Drammatico
Durata
103 min.
Formato
Colore
Regista
Bob Fosse
Attori
Mariel Hemingway
Eric Roberts
Cliff Robertson
Carroll Baker
Roger Rees
David Clennon
John Mostel
Dorothy Stratten (Mariel Hemingway), cameriera di una tavola calda, viene adescata dal fotografo Paul (Eric Roberts), che decide di lanciarla come modella e presentarla a Hugh Hefner (Cliff Robertson). Diventa una playmate affermata e sembra pronta a conquistare il mondo del cinema, ma Paul, quando lei si innamora di un regista (Roger Rees), la uccide e poi si suicida.
Ispirato all'articolo premio Pulitzer Death of a Playmate di Teresa Carpenter, è l'ultimo film di Bob Fosse (1927-1987). Rappresenta giocoforza il suo testamento al cinema, al quale come regista ha dedicato una piccola ma significativa parte della sua carriera di uomo di spettacolo. Ispirato alla vita della playmate e attrice in ascesa Dorothy Stratten, non è il suo film migliore: contorto e a tratti zavorrato da una eccessiva frammentarietà, vira in maniera poco controllata verso il kitsch e verso il racconto di (de)formazione. Fosse ha però visibilmente a cuore la storia della sfortunata protagonista, e le rende onore con un omaggio imperfetto ma sincero che non manca di lanciare frecce avvelenate al mondo dello showbiz. Un percorso, quest'ultimo, che accompagna tutti i suoi lungometraggi: lo spettacolo come intrattenimento ma, spesso, come fucina di insormontabili amarezze. Qui il pensiero viene strutturato in maniera più “selvaggia”, ma non si contestano le intenzioni. Bravissimi, a ogni modo, la Hemingwey, Roberts nei panni di Stratton-Davis e Cliff Robertson in quelli di Hugh Hefner. Apparizione di Carroll Baker, come madre della protagonista. Presentato in concorso al Festival di Berlino. Fotografia di Sven Nykvist.
Ispirato all'articolo premio Pulitzer Death of a Playmate di Teresa Carpenter, è l'ultimo film di Bob Fosse (1927-1987). Rappresenta giocoforza il suo testamento al cinema, al quale come regista ha dedicato una piccola ma significativa parte della sua carriera di uomo di spettacolo. Ispirato alla vita della playmate e attrice in ascesa Dorothy Stratten, non è il suo film migliore: contorto e a tratti zavorrato da una eccessiva frammentarietà, vira in maniera poco controllata verso il kitsch e verso il racconto di (de)formazione. Fosse ha però visibilmente a cuore la storia della sfortunata protagonista, e le rende onore con un omaggio imperfetto ma sincero che non manca di lanciare frecce avvelenate al mondo dello showbiz. Un percorso, quest'ultimo, che accompagna tutti i suoi lungometraggi: lo spettacolo come intrattenimento ma, spesso, come fucina di insormontabili amarezze. Qui il pensiero viene strutturato in maniera più “selvaggia”, ma non si contestano le intenzioni. Bravissimi, a ogni modo, la Hemingwey, Roberts nei panni di Stratton-Davis e Cliff Robertson in quelli di Hugh Hefner. Apparizione di Carroll Baker, come madre della protagonista. Presentato in concorso al Festival di Berlino. Fotografia di Sven Nykvist.
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