L'impiegato comunale John May (Eddie Marsan) svolge un'attività decisamente particolare: cercare i parenti più prossimi delle persone morte in solitudine. Licenziato dai suoi superiori a causa della crisi economica, John, prima di abbandonare il lavoro, decide di sbrigare un'ultima pratica.

Opera seconda di Uberto Pasolini (dopo Machan – La vera storia di una falsa squadra del 2008), Still Life è una pellicola toccante che dimostra il buon talento del suo autore nell'unire tematiche macabre a una spiccata delicatezza nella messinscena per descrivere un personaggio destinato a rimanere a lungo impresso al termine della visione: John May (interpretato da un ottimo Eddie Marsan) è un uomo ancor più solo dei defunti a cui deve organizzare il funerale. Sensibile e introverso, raccoglie in un album di fotografie le immagini di tutti i morti che hanno fatto parte del suo lavoro nel corso degli anni, mantenendoli così, in un certo senso, in vita. Il rituale è, allo stesso tempo, un modo per dare valore alla propria esistenza. Nonostante qualche ingenua caduta di tono (in alcune scelte musicali e nel pre-finale soprattutto), Pasolini evita le trappole della retorica e costruisce un'interessante sequenza conclusiva che ribalta uno dei concetti espressi dal film in precedenza: i funerali, forse, non sono soltanto per i vivi. Presentato alla Mostra di Venezia nella sezione Orizzonti, dove ha vinto il premio per la miglior regia.