Storia di amanti moderni: la stagione del terrore
Gendai kôshoku-den: Teroru no kisetsu
1969
Paese
Giappone
Generi
Drammatico, Erotico, Poliziesco
Durata
78 min.
Formati
Colore, Bianco e Nero
Regista
Koji Wakamatsu
Attori
Yuko Ejima
Tomomi Sahara
Ken Yoshizawa
Nascosti in un appartamento lì vicino, due poliziotti spiano un ragazzo ex attivista (Ken Yoshizawa) che passa le giornate chiuso in casa a copulare contemporaneamente con due ragazze. Convinti della sua innocuità, dopo due settimane di sorveglianza, i poliziotti tornano alla base mentre il ragazzo va all'aeroporto di Haneda e si fa saltare in aria.
Ispiratosi all'insolita situazione sentimentale di un ragazzo realmente conosciuto, Wakamatsu dirige un pinku eiga (film erotici a basso budget) dalla cornice poliziesca che affronta con una punta di acuta ironia gli scottanti temi socio-politici dell'epoca, quali il fallimento dei movimenti di protesta, la nascita della lotta armata, il terrorismo. Monotona e priva di eventi significativi, la narrazione si sviluppa tutta attorno all'idea di un'attesa frustrata che obbliga i personaggi all'immobilità e all'inazione, segnata dallo scorrere del tempo sempre uguale a se stesso, e divisa fra due ambienti chiusi e contrapposti dove vanno in scena, in piccolo, i poli dello scontro sessantottesco: ribellione e libertà dei costumi da una parte, incomprensione e controllo poliziesco dall'altra. Ennesimo film militante di Wakamatsu girato in un periodo tumultuoso e di grande fermento artistico, in Storia di amanti moderni: la stagione del terrore l'elemento politico, nascosto dietro un'abbondanza di sesso che distrae tanto lo spettatore quanto i diretti interessati (il protagonista distolto dall'attivismo, i poliziotti costretti nel ruolo di voyeurs), trova paradossalmente espressione attraverso la sua stessa assenza, nella costruzione di una tensione che percorre sottile e silenziosa l'intera pellicola. Quando alla fine irrompe il colore, e con un abile gioco di sovrimpressioni le bandiere americane e giapponesi si toccano avvolgendo l'ennesimo coito meccanico, Wakamatsu rilascia la carica accumulata in una chiusura beffarda ed eversiva, dando spazio a quell'atto politico continuamente rimandato che, lontano dal semplice nichilismo autodistruttivo, appare come l'unico modo per sentirsi, almeno per un attimo, realmente vivi. Nonostante un soggetto piuttosto semplice, il film funziona e riesce ance ad emozionare.
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