Tale of Cinema
Geuk jang jeon
2005
Paesi
Francia, Corea del Sud
Genere
Drammatico
Durata
89 min.
Formato
Colore
Regista
Hong Sang-soo
Attori
Kim Sang-kyung
Uhm Ji-won
Lee Ki-woo
Lee Kyung-jin
Kim Myoeng-su
Sang-won (Lee Ki-woo) e Yong-shil (Uhm Ji-won) sono due ex compagni di scuola che si ritrovano per caso: prima passano una lunga serata a bere, poi decidono di suicidarsi assieme, ma sopravvivono entrambi. In realtà si tratta solo di un film, parte della retrospettiva di un regista gravemente malato e in fin di vita. Un altro regista, Dong-soo (Kim Sang-kyung), dopo avere assistito alla proiezione è molto turbato e comincia a seguire l'attrice del film presente anche lei in sala; i due si troveranno a rivivere alcuni momenti e sequenze della pellicola appena vista, nelle stesse location.
Il sesto lungometraggio del regista Hong Sang-soo può essere considerato un momento di passaggio tra una prima fase della sua carriera ancora molto legata agli ambienti urbani dove si svolgono le storie e in cui i rapporti tra i protagonisti risultano decisamente più aspri e carnali e i film successivi caratterizzati da un costante aumento del livello di astrazione. Sono già presenti molti dei temi che verranno sviluppati in seguito e soprattutto non manca la tradizionale tavolata, dove di fronte a cibo e alcol un gruppo di colleghi mette in scena la precarietà dei loro rapporti, fatto di invidie, rivalità e rancori. Nella prima parte la voce off del protagonista spiega in maniera piuttosto didascalica pensieri, sentimenti, intenzioni e compare anche una scena onirica, cosa piuttosto rara nella filmografia del regista. Fin dal titolo, il mondo del cinema diventa assolutamente centrale, i protagonisti sono attori e registi e il discorso si fa più esplicitamente metacinematografico anche nei contenuti. Viene creato un gioco di specchi che confonde i diversi livelli del racconto: la sovrapposizione tra arte e vita è rappresentata da Yong-sil, che non a caso ha lo stesso nome sia nella prima parte, dove interpreta il personaggio di una pellicola, sia nella seconda dove invece è una attrice di discreta fama in prima persona, ma che si trova a ripetere molte delle situazioni già viste in precedenza. Autocompiaciuto e delicato, è un lungometraggio che funziona a metà, vittima di poca originalità e forte di personaggi scritti con cura. Presentato in concorso al Festival di Cannes 2005.
Il sesto lungometraggio del regista Hong Sang-soo può essere considerato un momento di passaggio tra una prima fase della sua carriera ancora molto legata agli ambienti urbani dove si svolgono le storie e in cui i rapporti tra i protagonisti risultano decisamente più aspri e carnali e i film successivi caratterizzati da un costante aumento del livello di astrazione. Sono già presenti molti dei temi che verranno sviluppati in seguito e soprattutto non manca la tradizionale tavolata, dove di fronte a cibo e alcol un gruppo di colleghi mette in scena la precarietà dei loro rapporti, fatto di invidie, rivalità e rancori. Nella prima parte la voce off del protagonista spiega in maniera piuttosto didascalica pensieri, sentimenti, intenzioni e compare anche una scena onirica, cosa piuttosto rara nella filmografia del regista. Fin dal titolo, il mondo del cinema diventa assolutamente centrale, i protagonisti sono attori e registi e il discorso si fa più esplicitamente metacinematografico anche nei contenuti. Viene creato un gioco di specchi che confonde i diversi livelli del racconto: la sovrapposizione tra arte e vita è rappresentata da Yong-sil, che non a caso ha lo stesso nome sia nella prima parte, dove interpreta il personaggio di una pellicola, sia nella seconda dove invece è una attrice di discreta fama in prima persona, ma che si trova a ripetere molte delle situazioni già viste in precedenza. Autocompiaciuto e delicato, è un lungometraggio che funziona a metà, vittima di poca originalità e forte di personaggi scritti con cura. Presentato in concorso al Festival di Cannes 2005.
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