Il terrore del silenzio
Hush
2016
Paese
Usa
Genere
Horror
Durata
81 min.
Formato
Colore
Regista
Mike Flanagan
Attori
Kate Siegel
John Gallagher Jr.
Michael Trucco
Samantha Sloyan
Emma Graves
In seguito al successo del suo primo libro, la scrittrice di romanzi horror Maddie Young (Kate Siegel) si è trasferita nel bosco in cerca di ispirazione. La fantasia diventa realtà quando un uomo mascherato inizia a minacciarla, costringendola a barricarsi in casa. La più semplice delle trame si complica con un dettaglio non da poco: Maddie è sordomuta e questo svantaggio potrebbe rivelarsi fatale.
Al suo terzo lungometraggio, Mike Flanagan riconferma e anticipa alcune cifre caratteristiche del suo cinema. Fin dalle prime immagini cita le fonti: un’opera di King posta su uno scaffale e il fatto che il romanzo della donna si intitoli Midnight Mass non sono scelte casuali. Come il re del brivido, anche il regista di Salem ama interrogarsi sul confine tra realtà e paranormale, dimostrando come la prima sia spesso più insidiosa. Lo aveva fatto con Somnia, in cui dei sogni pericolosamente realistici scaturivano in verità dalla rielaborazione di un lutto. Anche qui, con pessimismo misto a lucidità, il male è concreto; e così Maddie, vittima di un blocco creativo, non senza ironia si trova catapultata in una possibile materia per il suo prossimo romanzo. Dovrà risolvere l’incubo grazie al dono più importante che ha: la scrittura; suggestiva la scena in cui immagina i finali percorribili, analogamente a quanto fa con i suoi lavori. Flanagan, con una regia pulita, evita prolissità e jumpscare, costruendo la tensione su due elementi: la sensazione di trappola e l’handicap della protagonista. Questa pretesa cozza però con certe scelte che rompono la suspense, come quella di mostrare troppo presto il volto dell’assassino. È comunque apprezzabile l’assenza di background su quest’ultimo, ad accrescere il mistero ma anche l’orrore per una violenza fine a se stessa. Equilibrati tempi narrativi ed essenzialità dell’informazione sono funzionali a un buon coinvolgimento. Grande assente è la mancanza di sorprese, tipiche di ogni thriller che si rispetti.
Al suo terzo lungometraggio, Mike Flanagan riconferma e anticipa alcune cifre caratteristiche del suo cinema. Fin dalle prime immagini cita le fonti: un’opera di King posta su uno scaffale e il fatto che il romanzo della donna si intitoli Midnight Mass non sono scelte casuali. Come il re del brivido, anche il regista di Salem ama interrogarsi sul confine tra realtà e paranormale, dimostrando come la prima sia spesso più insidiosa. Lo aveva fatto con Somnia, in cui dei sogni pericolosamente realistici scaturivano in verità dalla rielaborazione di un lutto. Anche qui, con pessimismo misto a lucidità, il male è concreto; e così Maddie, vittima di un blocco creativo, non senza ironia si trova catapultata in una possibile materia per il suo prossimo romanzo. Dovrà risolvere l’incubo grazie al dono più importante che ha: la scrittura; suggestiva la scena in cui immagina i finali percorribili, analogamente a quanto fa con i suoi lavori. Flanagan, con una regia pulita, evita prolissità e jumpscare, costruendo la tensione su due elementi: la sensazione di trappola e l’handicap della protagonista. Questa pretesa cozza però con certe scelte che rompono la suspense, come quella di mostrare troppo presto il volto dell’assassino. È comunque apprezzabile l’assenza di background su quest’ultimo, ad accrescere il mistero ma anche l’orrore per una violenza fine a se stessa. Equilibrati tempi narrativi ed essenzialità dell’informazione sono funzionali a un buon coinvolgimento. Grande assente è la mancanza di sorprese, tipiche di ogni thriller che si rispetti.
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