Nell’Italia dei giorni nostri, il carismatico critico d’arte James Figueras (Claes Bang) ha una relazione con la provocante e attraente americana Berenice Hollis (Elizabeth Debicki). Invitati come ospiti dell’opulenta tenuta sul lago di Como di Joseph Cassidy (Mick Jagger), scoprono che il potente collezionista d’arte è anche mecenate di Jerome Debney (Donald Sutherland), controverso pittore divenuto mito. Quando Cassidy mette alle strette Figueras, chiedendogli di sottrarre un capolavoro di Debney dallo studio del pittore, il critico svelerà i lati più oscuri della propria ambizione.
A distanza di dieci anni dal suo primo lungometraggio, La doppia ora, Giuseppe Capotondi torna a cimentarsi nel thriller, firmando un'opera neo-noir dal taglio erotico e sentimentale. Una passione che degenera irrimediabilmente in ossessione, non solo nell'ambito dei rapporti umani, ma anche per quanto riguarda il legame indissolubile fra artista e opera d'arte e, di conseguenza, tra critica e materia di studio. Dopo aver introdotto il personaggio di James Figueras come un intellettuale alla mano e un po' "gigione", in grado di avvicinare anche il pubblico meno esperto ai grandi segreti dell'arte, il film cambia completamente registro, rivelandone la vera natura: un doppiogiochista talmente legato alla materialità dell'opera e alla sua condivisione (qui nell'accezione più negativa di commercio lucroso) da arrivare a saccheggiarla e sostituirsi all'artista. Nonostante tutte queste premesse possano lasciar ben sperare in un thriller denso di spunti culturalmente elevati, La tela dell'inganno (il titolo rimanda al dipinto di Debney intorno al quale ruota l'intera vicenda) purtroppo fa acqua da tutte le parti: l'intrigo appare involontariamente nebuloso per colpa di una scrittura approssimativa e incapace di tirare le fila del mistero, lasciando allo stato embrionale qualsiasi riflessione posta sul tavolo. Il risultato è un racconto che ambisce alla complessità narrativa, ma finisce per mettersi da solo i bastoni tra le ruote a causa della povertà di contenuti. Prove degli attori alquanto discutibili, in primis quella di un Mick Jagger monocorde e macchiettistico. Presentato come film di chiusura alla Mostra del Cinema di Venezia 2019.