Jimmie Fails (Jimmie Fails) sogna di recuperare la casa vittoriana costruita dal nonno nel cuore di San Francisco nel 1946. Una volta che gli inquilini se ne vanno, occuperà la casa insieme a un amico, ma per tenerla dovrà lottare con tutte le sue forze.
Sorprendente e originale opera prima firmata Joe Talbot, neoregista che in fase di sceneggiatura si è fatto aiutare dallo stesso attore principale Jimmie Fails, il cui personaggio è ispirato in parte alla sua autobiografia e per questo ha il suo stesso nome. Dramma indipendente che unisce ironia e impegno sociale, è un film che parla di un argomento non troppo trattato dal cinema contemporaneo: la gentrification. Attraverso la vicenda umana del protagonista, si riflette con forza sulle dinamiche che hanno portato moltissime famiglie ad abbandonare le case e i quartieri dove sono cresciuti in virtù del “rinnovamento urbano”. Talbot dimostra estro e talento, mettendo in scena questo percorso senza lesinare scelte visive ambiziose e un buon gusto nell’associare musica e immagini. Potente nella prima parte, il film cala un po’ alla distanza, non riuscendo a mantenere le alte aspettative con l’approssimarsi della conclusione: nonostante questo, però, ci sono diversi elementi su cui riflettere al termine della visione, sui rapidi mutamenti delle grandi città e su come l’evoluzione faccia sentire gli esseri umani estranei in casa propria. È anche un bell’omaggio a San Francisco, città che, come sottolinea il film, «puoi odiare soltanto se la ami allo stesso tempo». Vincitore del Premio per la miglior regia al Sundance Film Festival 2019 e presentato in concorso al Festival di Locarno.