The Theory of Everything
Die Theorie von Allem
2023
Paesi
Germania, Austria, Svizzera
Genere
Thriller
Durata
118 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Timm Kröger
Attori
Jan Bülow
Olivia Ross
Hanns Zischler
1962. Johannes Leinert (Jan Bülow) e il suo supervisore di dottorato vanno a un convegno di fisica nelle Alpi svizzere, dove uno scienziato iraniano ha intenzione di svelare “una rivoluzionaria teoria di meccanica quantistica”. Quando però i fisici arrivano al loro hotel a cinque stelle, l’ospite iraniano è scomparso nel nulla. Senza una nuova teoria di cui discutere, la comunità di scienziati decide di dedicarsi allo sci. Johannes, invece, rimane nell’hotel per lavorare alla sua tesi di dottorato, ma ben presto si scopre distratto, in preda a una singolare fascinazione per Karin (Olivia Ross), giovane pianista jazz.
È un film tutt’altro che semplice The Theory of Everything, secondo lungometraggio del regista tedesco Timm Kröger che dimostra una grande consapevolezza del mezzo cinematografica e un’ottima conoscenza della storia del cinema. Dopo un incipit a colori che ricrea una trasmissione televisiva degli anni 70, in cui si discute già sul confine tra realtà e finzione, si passa a un bianco e nero che richiama le atmosfere del cinema degli anni Cinquanta e Sessanta, con diversi richiami anche alle pellicole di serie B di genere horror e fantascienza. Questo tipo di immaginario si mescola con momenti in cui si guarda al cinema di Alfred Hitchcock, ma anche ai noir anni Quaranta e all’espressionismo tedesco dei tempi del muto. Kröger utilizza il passato per parlare (anche) del presente, dell’ossessione del multiverso in primis, in questo lungometraggio di grande fascino visivo e sonoro che si perde però un po’ qua e là dal versante narrativo, non riuscendo sempre a coinvolgere come vorrebbe. La sensazione di inquietudine però è sempre presente in questo prodotto anomalo e misterioso che, nonostante le imperfezioni, sembra davvero provenire da un’altra dimensione. Soprattutto per questo motivo, è un film che va visto, capace anche di sorprendere in più momenti, in cui anche le scelte luministiche diventano una base semantica da non sottovalutare. Presentato in concorso alla Mostra di Venezia.
È un film tutt’altro che semplice The Theory of Everything, secondo lungometraggio del regista tedesco Timm Kröger che dimostra una grande consapevolezza del mezzo cinematografica e un’ottima conoscenza della storia del cinema. Dopo un incipit a colori che ricrea una trasmissione televisiva degli anni 70, in cui si discute già sul confine tra realtà e finzione, si passa a un bianco e nero che richiama le atmosfere del cinema degli anni Cinquanta e Sessanta, con diversi richiami anche alle pellicole di serie B di genere horror e fantascienza. Questo tipo di immaginario si mescola con momenti in cui si guarda al cinema di Alfred Hitchcock, ma anche ai noir anni Quaranta e all’espressionismo tedesco dei tempi del muto. Kröger utilizza il passato per parlare (anche) del presente, dell’ossessione del multiverso in primis, in questo lungometraggio di grande fascino visivo e sonoro che si perde però un po’ qua e là dal versante narrativo, non riuscendo sempre a coinvolgere come vorrebbe. La sensazione di inquietudine però è sempre presente in questo prodotto anomalo e misterioso che, nonostante le imperfezioni, sembra davvero provenire da un’altra dimensione. Soprattutto per questo motivo, è un film che va visto, capace anche di sorprendere in più momenti, in cui anche le scelte luministiche diventano una base semantica da non sottovalutare. Presentato in concorso alla Mostra di Venezia.
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