Tito e gli alieni
2017
Paese
Italia
Generi
Commedia, Fantascienza
Durata
92 min.
Formato
Colore
Regista
Paola Randi
Attori
Valerio Mastandrea
Clémence Poésy
Luca Esposito
Chiara Stella Riccio
Miguel Herrera
John Keogh
Gianfelice Imparato
Una vita piatta e monotona quella del Professore (Valerio Mastandrea), scienziato napoletano che da quando ha perso la moglie vive isolato dal mondo in una casa mobile nel deserto del Nevada, accanto all'Area 51. La sua esistenza solitaria viene sconvolta dall'arrivo dei due nipoti: Anita (Chiara Stella Riccio) e Tito (Luca Esposito), che il fratello Fidel (Gianfelice Imparato) gli ha affidato prima di morire.
Dovrebbe lavorare per un progetto segreto per conto del governo degli Stati Uniti, il protagonista di Tito e gli alieni, ma in realtà trascorre le sue giornate su un divano ad ascoltare il suono dello Spazio e il suo solo contatto con il resto del mondo è Stella, ragazza che organizza matrimonio per turisti a caccia di alieni: un dettaglio narrativo che rivela già quanto ci sia di magico e sorprendente nel film di Paola Randi (già regista di Into paradiso del 2011), opera tanto curiosa e originale, che coltiva poche ma salutari e soprattutto poetiche ambizioni. Un film minuto ma delizioso, imperfetto ma vitale e stralunato, che lavora sulla commozione e sulla mancanza (di qualcuno, di qualcosa) con tatto, con purezza di sguardo e di intenti. Il film è senz’altro disomogeneo e poco organico, acerbo e non sempre a fuoco, ma riesce a vincere delle sfide sorprendenti sul piano dell’invenzione e non perde colpi, ma anzi acquista sommessamente valore, quando si addentra nello spazio sondandone le profondità silenziose e cariche di senso: praterie sterminate che diventano fessure attraverso le quali lasciar filtrare una forma artigianale di incanto ma soprattutto il concetto familiare e universale di memoria, di aggancio struggente alle proprie radici terrene, nient’affatto né tantomeno forzatamente religiose o spirituali. Diviso tra fiaba sci-fi e recupero dolente del passato tecnologico quasi alla WALL•E, il film è stato girato, oltre che in un microscopico villaggio del Nevada, anche in Almeria, in Spagna, dove sopravvivono ancora i villaggi edificati da Sergio Leone per i suoi film.
Dovrebbe lavorare per un progetto segreto per conto del governo degli Stati Uniti, il protagonista di Tito e gli alieni, ma in realtà trascorre le sue giornate su un divano ad ascoltare il suono dello Spazio e il suo solo contatto con il resto del mondo è Stella, ragazza che organizza matrimonio per turisti a caccia di alieni: un dettaglio narrativo che rivela già quanto ci sia di magico e sorprendente nel film di Paola Randi (già regista di Into paradiso del 2011), opera tanto curiosa e originale, che coltiva poche ma salutari e soprattutto poetiche ambizioni. Un film minuto ma delizioso, imperfetto ma vitale e stralunato, che lavora sulla commozione e sulla mancanza (di qualcuno, di qualcosa) con tatto, con purezza di sguardo e di intenti. Il film è senz’altro disomogeneo e poco organico, acerbo e non sempre a fuoco, ma riesce a vincere delle sfide sorprendenti sul piano dell’invenzione e non perde colpi, ma anzi acquista sommessamente valore, quando si addentra nello spazio sondandone le profondità silenziose e cariche di senso: praterie sterminate che diventano fessure attraverso le quali lasciar filtrare una forma artigianale di incanto ma soprattutto il concetto familiare e universale di memoria, di aggancio struggente alle proprie radici terrene, nient’affatto né tantomeno forzatamente religiose o spirituali. Diviso tra fiaba sci-fi e recupero dolente del passato tecnologico quasi alla WALL•E, il film è stato girato, oltre che in un microscopico villaggio del Nevada, anche in Almeria, in Spagna, dove sopravvivono ancora i villaggi edificati da Sergio Leone per i suoi film.
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