Per “salvare” il nipote studente universitario (Teddy Reno), scappato a Milano infatuato di una maliarda attrice di rivista (Dorian Gray), i fratelli Caponi (Totò e Peppino De Filippo) partono per il capoluogo lombardo dalla provincia napoletana. Ne accadranno di tutti i colori.

Campione d'incassi del 1956, è il film comico “di Totò” per antonomasia. Secondo le testimonianze di molti collaboratori della pellicola, Totò, Peppino e… la malafemmina è da considerarsi per buona parte, e ancor più di altri film similari, una creazione originale dei due attori che hanno stravolto, integrato e ripensato intere sequenze. È il caso della celeberrima dettatura della lettera, vera lezione sui tempi comici, più volte omaggiata, imitata e riproposta anche da istrioni di razza, senza che la copia riuscisse ad avvicinarsi minimamente all'originale. Il meccanismo burlesco è il prototipo che farà da modello per tutti i film della coppia, personalizzazione di uno stereotipo della commedia: il personaggio ignorante che entra in conflitto con una realtà a lui aliena. Il binomio permette e a Totò di metterci del suo, presentandosi come uomo di mondo quando non è altro che un burino come il fratello (esemplare la scena col vigile), e a Peppino di giocare di sponda, rimpallando i lazzi del complice. I risultati vanno elevati al cubo quando i nostri entrano in contatto con una terza “spalla” (Castellani su tutti), riversandogli addosso una pioggia rintronante di invenzioni verbali e fisiche: nelle loro mani persino una lampada su un tavolo è fonte di risate irrefrenabili. Quando sono sostituiti dall'altra coppia, quella del filone romantico (Reno-Gray), il ritmo cala, ma la forza propulsiva dei due protagonisti è talmente potente da evitare qualsiasi complicazione al risultato finale della pellicola.