Jean (Alain-Robbe Grillet), regista cinematografico, e i suoi due collaboratori, la moglie-segretaria Lucette (Catherine Robbe-Grillet) e il produttore Marc (Paul Louyet), arrivano ad Anversa col treno Trans Europ Express. Jean si mette a dettare la trama di un film legato al contrabbando di droga, che prende vita sullo schermo esattamente mentre viene pensato e ideato. Un'opera sull'artificio del fare cinema, quella di Alain Robbe-Grillet, che smonta il meccanismo di creazione cinematografica e ce ne mostra il work-in-progress, la genesi dietro il prodotto finito, le singole scelte di sceneggiatura che si riversano in un film nel film che prende vita direttamente dalle parole dello stesso autore, affiancato dalla propria moglie e dal suo produttore. Una pellicola interpretata da due attori (Jean-Louis Trintignant e Marie-France Pisier), nei panni contemporaneamente sia di loro stessi che dei loro personaggi: il film di Robbe-Grillet va avanti e torna indietro, sbanda, avanza, riavvolge il nastro, in maniera smaccatamente intellettualistica e cervellotica. Trans-Europ-Express, a conti fatti, è un meccanismo irreprensibile ma anche un po' algido e gratuito, la cui non linearità somiglia quasi sempre a un giochino presuntuoso e pretenzioso che si esaurisce nella dimensione autoreferenziale. Non mancano i motivi di fascino, i passaggi capaci di sedurre con ludica efficacia, per non parlare dei giochi di luce e delle sequenze erotiche rese pulsanti da La traviata di Verdi, ma sono troppo pochi. L'ennesimo svelamento della falsità del cinema e dei suoi pilastri costitutivi: all'epoca forse non ancora abusato come procedimento stilistico e compositivo, risulta un teorema invecchiato decisamente male agli occhi dello spettatore contemporaneo.