Tromperie
Tromperie
2021
Paese
Francia
Genere
Drammatico
Durata
105 min.
Formato
Colore
Regista
Arnaud Desplechin
Attori
Léa Seydoux
Emmanuelle Devos
Denis Podalydès
Miglen Mirtchev
Londra, 1987. Philip (Denis Podalydès) è un famoso scrittore americano in esilio. La sua amante (Léa Seydoux) viene regolarmente a trovarlo nel suo ufficio. I due fanno l’amore, discutono, si ritrovano e parlano per ore: di donne, sesso, antisemitismo, letteratura, fedeltà verso sé stessi. Lui prende nota su un taccuino, scrive un romanzo sulla loro relazione, lei prova a condurre una vita da donna emancipata. Quando la moglie dello scrittore scopre gli appunti, lui si appella alla fantasia e alla molteplicità dei suoi desideri. 

Tratto da Inganno di Philip Roth, romanzo pubblicato dallo scrittore americano nel 1990, Tromperie è l’ennesima declinazione del regista francese Arnaud Desplechin dei temi a lui cari di realtà e rappresentazione, di esperienza del sentimento da un lato e sua ricostruzione (e decostruzione) dall’altro, con a fare da collante il filtro costante delle immagini e del cinema. In dodici capitoli di rara eleganza, il cineasta trasferisce agilmente e in una chiave molto francofona le pagine di Roth, firmando probabilmente l’adattamento più ispirato e personale mai tratto per il grande schermo da uno dei suoi densissimi e per certi versi intraducibili romanzi, con uno stile ardito a metà strada tra lampi all’insegna del più languido e sensuale abbandono surreale e soluzioni quasi da cinema muto. Le parole che scorrono in sceneggiatura sono tantissime, ma i dialoghi, forti di una a tratti sopraffina forma di eleganza, non risultato mai stucchevoli ma sempre seducenti ed erotici, oltre che puntualmente inclini a interrogarsi sul confine assai labile tra autobiografismo letterario, fiction letteraria e auto-fiction esistenziale: il rapporto sentimentale, generativo e multiforme, tra Philip e la sua musa, interpretata da una luminosa e tormentata Léa Seydoux, diventa così il grande catalizzatore di un’idea di messa in scena che, pur puntando moltissimo sugli scambi di battute, non rinuncia a un sinuoso e avvolgente comparto visivo. L’ingranaggio a tratti sembra incepparsi e girare un po’ a vuoto, compiaciuto di qualche vanesio arzigogolo intellettualistico di troppo, ma è ammirevole la capacità di Desplechin nel puntellare di sostanza e raffinatissima ambiguità una decostruzione, estremamente carnale eppure metafisica, del sentimento amoroso e dei suoi risvolti più sfaccettati, stratificati e magmatici. A emergere, in definitiva, è la fusione ardente di due anime e due corpi destinati a esplorarsi, connettersi e compenetrarsi a vicenda, carnalmente e filosoficamente, elevando l’amplesso ben oltre le “miserie” del godimento del corpo e dell’amplesso (un tema da sempre al centro di tutta la produzione rothiana). Grande prova del protagonista Denis Podalydès, che torna a lavorare con Desplechin a venticinque anni di distanza da Comment je me suis disputé… (ma vie sexuelle) (1996), mettendosi totalmente al servizio di questa topografia a tratti eccessivamente capricciosa mai sterile e pretenziosa dell’innamoramento e della sua elaborazione letteraria. Nel cast anche una piccola parte per Emmanuelle Devos nei panni di un’altra donna del passato che arricchisce il tessuto psicologico del passato di Philip, per il quale ogni storia d’amore finisce con l’essere, anzitutto e prima di tutto, una "storia culturale”, per citare una delle battute più emblematiche del film. Presentato nella neonata sezione Prémiere al Festival di Cannes 2021 e in seguito in quella Fuori Concorso/Surprise del Torino Film Festival nello stesso anno.
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