Il giovane giornalista Jack Burden (John Ireland) è incaricato di scrivere su Willie Stark (Broderick Crawford), candidato per una carica minore di una contea rurale che punta il dito contro la corruzione dell'amministrazione locale. Intimidito e ostacolato, perde; ma, quando viene chiamato a concorrere come governatore, scopre il suo talento di leader. Corruzione e compromessi all'orizzonte. Potente dramma diretto da Robert Rossen, Tutti gli uomini del re tratteggia la parabola di un uomo di semplice buon senso che diventa con il tempo capopopolo, trascinante oratore, spregiudicato uomo d'azione, politico dall'ego ipertrofico e dall'oscura e manipolatoria personalità nell'America della Grande Depressione. Adattamento del romanzo premio Pulitzer di Robert Penn Warren, il film è raccontato attraverso gli occhi, da entusiasti a disillusi, di un giornalista che, nonostante veda corrompersi davanti ai suoi occhi la natura di Stark, non riesce a smettere di assisterlo e spalleggiarlo, diventando lui stesso meccanismo del sistema di potere che all'inizio aborriva. Inseribile su un solco aperto dall'Orson Welles di Quarto potere (1941), dalla cui enormità stilistica e linguistica siamo comunque ben distanti, Tutti gli uomini del re resta indubbiamente un esempio di ottimo cinema e di profonda indagine dell'America su se stessa, sui suoi anni più bui, sul ventre molle della società più periferica e autentica. Tre Oscar: miglior film, attore protagonista (Crawford) e attrice non protagonista (Mercedes McCambridge nel ruolo di Sadie Burke).