Un bambino viene tragicamente investito da un pirata della strada. Il padre (Michel Duchaussoy) dedicherà il resto della sua vita a identificare l'assassino per vendicarsi. Claude Chabrol parte dalle trame d'intrigo tipiche di Alfred Hitchcock, per poi allontanarsi verso atmosfere riflessive sul rapporto padre-figlio, già centrali in Ofelia (1963), nonché sulla condizione umana che vede l'uomo combattere tra moralità e bestialità. Che la bestia muoia è infatti la traduzione del titolo originale del film, che si rifà direttamente al romanzo di Nicholas Blake da cui è tratto, The Beast Must Die. Nella seconda parte, dall'impianto decisamente teatrale, il protagonista (interpretato da un bravissimo Michel Duchaussoy) recita una parte: seduce la complice involontaria dell'omicidio (Caroline Cellier), riesce a inserirsi nella famiglia dell'assassino (che ha il volto perfetto di Jean Yanne), i cui parenti, sorta di caratteristi del palcoscenico filmico (la madre dispotica, la moglie sottomessa), lo vogliono tutti morto, compreso il figlio Philippe (Marc Di Napoli), specchio del bambino ucciso. Ucciderò un uomo rinuncia all'usuale ironia nera sottesa di Chabrol, che qui si prende molto sul serio, e costituisce una tappa fondamentale per la sua filmografia, in quanto inizia ad affrontare la problematica della rappresentazione del crimine nell'immagine (e nell'immaginazione) cinematografica. Affascinante, ben scritto e ben diretto, ma fatica troppo a carburare e la prima parte funziona meno bene della seconda, anche se a non tutti gli spettatori piacerà scoprire l'assassino ben prima della fine del film, prolungando l'arrivo della tanta agognata vendetta. Aprono la pellicola le note liriche della prima delle Quattro canzoni serie di Brahms.