Condizionato mentalmente durante la Guerra di Corea, il sergente Raymond Shaw (Laurence Harvey) si rende responsabile di numerosi omicidi. Tornato in patria come eroe, viene osannato dai compagni, anch'essi sottoposti a un trattamento deviante; ma il maggiore Bennett Marco (Frank Sinatra) inizierà a ricordare ciò che non deve. Complicazioni in vista. John Frankenheimer mette in scena un romanzo di Richard Condon, adattato da George Axelrod, tratteggiando una perfetta metafora del convulso e ambiguo contesto storico. Lo script contamina la base da thriller fantapolitico all'orrore visionario e allucinatorio (le sequenze in cui i soldati sono costretti a subire un aberrante lavaggio del cervello) e delinea in maniera sorprendentemente incisiva la situazione sociologica dell'epoca, con la guerra fredda tra Russia e Stati Uniti a dilaniare gli equilibri internazionali. Struttura narrativa solidissima, tecnica da manuale (fondamentale il contributo del montaggio, candidato all'Oscar, a opera di Ferris Webster) e un senso di costante e disturbante straniamento che si insinua nella coscienza spettatoriale, provocando più di un dubbio sui labili confini tra realtà e finzione cinematografica: Frankenheimer colpisce nel segno e, nonostante qualche cedimento di ritmo (soprattutto nella parte centrale), riesce a confezionare un prodotto incisivo e stilisticamente originalissimo, oltre che forte di una riflessione coerente e coraggiosa sui contraddittori e ipocriti meccanismi del Potere costituito. Cast notevole, con i volenterosi Frank Sinatra e Laurence Harvey a fare da traino; ottima Angela Lansbury (che ottenne una nomination come miglior attrice non protagonista) nel ruolo di Eleanor Iselin. Musiche di David Amram, fotografia di Lionel Lindon. Remake nel 2004 (The Manchurian Candidate), diretto da Jonathan Demme.