Nell'Inghilterra di fine Ottocento, Lady Windermere (May McAvoy) respinge Lord Darlington (Ronald Colman), tenace spasimante, mentre suo marito (Bert Lytell) tenta di pagare il silenzio della misteriosa Mrs. Erlynne (Irene Rich). La donna è la madre ritenuta morta di Lady Windermere ed è disposta a tutto per conoscere la figlia, anche a rinunciare alla sua storia d'amore con il benestante Lord Norton (Edward Martindel). Partendo dal celeberrimo lavoro teatrale di Oscar Wilde e dovendo far fronte ai "limiti" del cinema muto, Lubitsch dà vita a un geniale adattamento, ripensando in termini cinematografici e prettamente visivi un'opera nota soprattutto per la sua forza dialogica. Lubitsch elimina tutte le battute del testo di Wilde, ma ne conserva lo spirito e la pregnanza significativa. Le parole sono dunque sostituite dalle immagini, cui viene delegato il compito di definire psicologie, progressi narrativi e rapporti tra i personaggi. Celeberrima, in tal senso, è la scena nel giardino dove i punti di vista parziali dei soggetti coinvolti determinano una serie di fraintendimenti che influenzeranno azioni e comportamenti successivi. Un film straordinariamente fecondo di invenzioni visive che forniscono ai dettagli una precisa funzione narrativa ed evidenziano la sapiente costruzione delle inquadrature con il loro campionario di valori simbolici (le tre pettegole di cui compaiono solo le teste sullo sfondo degli arazzi, come tre arpie) e narrativi (la camminata di Lorton, accompagnata da un fondo nero che chiude l'inquadratura e, idealmente, il primo atto della storia, a mo' di sipario teatrale). Il tutto è funzionale alla descrizione di un mondo ipocrita e meschino in cui la simulazione e l'inganno sono elementi imprescindibili di sopravvivenza.