Il maturo Frank Galvin (Paul Newman), un tempo avvocato di successo, è in caduta libera a causa di problemi con l'alcol. Riesce a prendersi una rivincita patrocinando la causa di una donna in coma per la negligenza di un importante ospedale: il caso si rivelerà tutt'altro che semplice. Sidney Lumet mette in scena l'omonimo romanzo di Barry Reed, sceneggiato da David Mamet, realizzando un solidissimo dramma processuale che riesce a evitare i classici cliché del genere, preferendo concentrarsi sui demoni dell'avvocato protagonista. Il regista gioca su un duplice piano: la suspense della battaglia legale, classico e rinnovato esempio di Davide contro Golia, e l'indagine serrata su un uomo giunto a un bivio, non solo professionale ma anche, e soprattutto, esistenziale. Un apologo sulla giustizia e sulle contrapposizioni tra dogmi e realtà, screziato da chiaroscuri prepotenti che rischiano continuamente di cancellare la possibilità di un equilibrio moralmente sicuro. Persino le personalità in gioco non possono essere divise in un rigido manicheismo: la feroce contrapposizione tra legali esalta una sottile ambiguità di base, in fragile equilibrio tra umanità e un professionismo enfatico che denuncia la vuota teatralità (quando non maschera l'abuso). Cast in stato di grazia: glorioso e incisivo Paul Newman, affiancato da comprimari d'eccezione. Da antologia la performance di James Mason nel ruolo del rivale di Frank, Ed Concannon; Charlotte Rampling è Laura Fischer, Jack Warden è Mickey Morrissey. Colonna sonora di Johnny Mandel, fotografia di Andrzej Bartkowiak.