Vertical Features Remake
Vertical Features Remake
1978
Paese
Gran Bretagna
Generi
Documentario, Sperimentale
Durata
45 min.
Formato
Colore
Regista
Peter Greenaway
Il fantomatico Institute of Reclamation and Restoration assembla il materiale di repertorio girato nel corso degli anni dall'ornitologo immaginario Tulse Luper e, sulla base delle sue teorie strutturaliste, realizza un cortomertraggio. Presentato in quattro differenti versioni, ciascuna delle quali con un'introduzione scientifica, il risultato dell'operazione rappresenta particolari strutture verticali che "interrompono" il paesaggio inglese.
Disegni, grafici, modelli matematici, enumerazioni, corredi intertestuali e riproducibilità all'infinito dell'opera d'arte sono gli elementi su cui si basa Vertical Features Remake, opera di transizione che congiunge le teorie espresse nei cortometraggi sperimentali del periodo giovanile di Greenaway (iniziati nel 1962, a soli vent'anni) alle sue successive esperienze, strutturalmente ben più compiute, nel lungometraggio. Finto documentario e pseudo trattato scientifico, quasi un'opera impressionista nello studiare i cambiamenti della luce sugli stessi elementi ripresi nelle varie fasi della giornata. Un progetto autoindulgente che lascia comunque trasparire i prodromi del Greenaway a venire, esponendo con programmatica meccanicità un'interessante (quanto superflua) indagine in forma di saggio visivo che cerca di organizzare gli elementi disomogenei (verticali) che "sconvolgono" lo sviluppo omogeneo del paesaggio (orizzontale), quasi a significare, per estensione, la contrapposizione tra la poetica non-narrativa del regista gallese e il comune cinema a soggetto. Ipnotica colonna sonora di Michael Nyman e Brian Eno che non riesce ancora a trovare quella sublime armonia tra musica e immagini tipica della futura opera di Greenaway.
Disegni, grafici, modelli matematici, enumerazioni, corredi intertestuali e riproducibilità all'infinito dell'opera d'arte sono gli elementi su cui si basa Vertical Features Remake, opera di transizione che congiunge le teorie espresse nei cortometraggi sperimentali del periodo giovanile di Greenaway (iniziati nel 1962, a soli vent'anni) alle sue successive esperienze, strutturalmente ben più compiute, nel lungometraggio. Finto documentario e pseudo trattato scientifico, quasi un'opera impressionista nello studiare i cambiamenti della luce sugli stessi elementi ripresi nelle varie fasi della giornata. Un progetto autoindulgente che lascia comunque trasparire i prodromi del Greenaway a venire, esponendo con programmatica meccanicità un'interessante (quanto superflua) indagine in forma di saggio visivo che cerca di organizzare gli elementi disomogenei (verticali) che "sconvolgono" lo sviluppo omogeneo del paesaggio (orizzontale), quasi a significare, per estensione, la contrapposizione tra la poetica non-narrativa del regista gallese e il comune cinema a soggetto. Ipnotica colonna sonora di Michael Nyman e Brian Eno che non riesce ancora a trovare quella sublime armonia tra musica e immagini tipica della futura opera di Greenaway.
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