Lungo la “Tobacco Road”, in Georgia, sorge la fattoria dei Lester. Resa poverissima dalla crisi del '29, la famiglia, guidata dall'anziano Jeeter (Charley Grapewin), si barcamena allegramente tra fame, figli affetti da tare mentali e la minaccia di sfratto da parte della banca che ha rilevato la loro terra. Da una pièce teatrale di John Kirkland (portata in scena anche da Luchino Visconti nel '45), a sua volta tratta dal noto romanzo di Erskine Caldwell. Ford e lo sceneggiatore Nunnally Johnson, un anno dopo Furore (1940), tornano a raccontare l'America miserabile della Grande Depressione, costruendo una sorta di contraltare umoristico del precedente film. Le peripezie dei Lester, simpatici bifolchi che la povertà ha reso folli e disposti a tutto solo per un tozzo di pane (o un sacco di rape), non costituiscono semplicemente un affresco divertente del mondo redneck. Si ride di fronte a questi personaggi grotteschi, ma il loro disfacimento umano causato dall'arretratezza economica ha qualcosa di inquietante. L'origine teatrale si sente, nonostante l'aria di naturalismo, e penalizza la dimensione cinematografica del film. Spiccano la suggestiva fotografia di Arthur C. Miller e la colonna sonora composta da pezzi tradizionali come Dixie's Land e Shall We Gather at the River?.