Wildlife
Wildlife
2018
Paese
Usa
Genere
Drammatico
Durata
104 min.
Formato
Colore
Regista
Paul Dano
Attori
Carey Mulligan
Jake Gyllenhaal
Bill Camp
Ed Oxenbould
Montana, 1960. Una famiglia composta dal padre Jerry (Jake Gyllenhaal), dalla madre Jeannette (Carey Mulligan) e dal figlio quattordicenne Joe (Ed Oxenbould) si è appena trasferita. Papà impiegato in un circolo del golf, mamma ex supplente e ora casalinga e figlio alle prese con le dolorose integrazioni dell’adolescenza amplificate dal trasloco: la loro apparente ma già tesa normalità verrà sconvolta dalla perdita del lavoro da parte di Jerry e dal contemporaneo insorgere di un incendio da domare, che si rivelerà una possibilità occupazionale per l’uomo ma anche l’inizio di un baratro di infedeltà e instabilità.
Sorprendente opera prima del bravo attore Paul Dano, che ha scritto la sceneggiatura insieme alla compagna Zoe Kazan a partire dall’omonimo romanzo di Richard Ford, disponibile in traduzione italiana col titolo Incendi, Wildlife è un composto dramma familiare fatto di non detti e tensioni sopite ma costantemente sul punto di esplodere, in cui il dolore si concretizza attraverso impercettibili, progressivi passi verso l’abisso della solitudine e della disperazione. L’incombenza di una catastrofe naturale, che genererà un cortocircuito appaiandosi alla simultanea assenza di certezze economiche della famiglia e al venir meno del suo baricentro affettivo e sentimentale, è solo la cornice all’interno della quale si articola una messa in scena di sorprendente rigore, impostata dal regista come una disgregazione tanto più dolente quanto più episodica e fatale. A stupire, nonostante una prima parte forse troppo rigida e centellinata e di gran lunga meno d’impatto della seconda, è soprattutto il controllo di Dano sulla materia letteraria di partenza e sulla sua idea di trasposizione cinematografica: il suo stile è aggraziato e classico ma mai lezioso, la sensibilità altrettanto irreprensibile ma allo stesso tempo tutt’altro che fredda e anaffettiva. L’empatia costruita dalla narrazione non esclude infatti momenti di trattenuta ma comunque incandescente commozione, come il bellissimo finale, pressoché da brividi. Splendida prova di un’ispiratissima Carey Mulligan, che regala a questa madre incerta e fragilissima, che si affida malsanamente al figlio come a un giudice parziale e a un testimone “impossibile”, tutto il suo talento di interprete, ma anche Jake Gyllenhaal è in ottima forma e il giovane protagonista Oxenbould, tra l’altro vagamente somigliante allo stesso Dano, è perfetto nel reggere il film tutto sulle sue spalle ma soprattutto sui suoi occhi. Alla ricerca di un ultimo impossibile scatto e di un istante rubato, attraverso cui catturare un’emozione e un’integrità di sicuro sfiorite e forse irrimediabilmente perdute. Presentato al Sundance Film Festival 2018, il film, dedicato da Dano alla memoria del compianto compositore Jóhann Jóhannsson, ha poi aperto la Semaine de la Critique del 71esimo Festival di Cannes.
Sorprendente opera prima del bravo attore Paul Dano, che ha scritto la sceneggiatura insieme alla compagna Zoe Kazan a partire dall’omonimo romanzo di Richard Ford, disponibile in traduzione italiana col titolo Incendi, Wildlife è un composto dramma familiare fatto di non detti e tensioni sopite ma costantemente sul punto di esplodere, in cui il dolore si concretizza attraverso impercettibili, progressivi passi verso l’abisso della solitudine e della disperazione. L’incombenza di una catastrofe naturale, che genererà un cortocircuito appaiandosi alla simultanea assenza di certezze economiche della famiglia e al venir meno del suo baricentro affettivo e sentimentale, è solo la cornice all’interno della quale si articola una messa in scena di sorprendente rigore, impostata dal regista come una disgregazione tanto più dolente quanto più episodica e fatale. A stupire, nonostante una prima parte forse troppo rigida e centellinata e di gran lunga meno d’impatto della seconda, è soprattutto il controllo di Dano sulla materia letteraria di partenza e sulla sua idea di trasposizione cinematografica: il suo stile è aggraziato e classico ma mai lezioso, la sensibilità altrettanto irreprensibile ma allo stesso tempo tutt’altro che fredda e anaffettiva. L’empatia costruita dalla narrazione non esclude infatti momenti di trattenuta ma comunque incandescente commozione, come il bellissimo finale, pressoché da brividi. Splendida prova di un’ispiratissima Carey Mulligan, che regala a questa madre incerta e fragilissima, che si affida malsanamente al figlio come a un giudice parziale e a un testimone “impossibile”, tutto il suo talento di interprete, ma anche Jake Gyllenhaal è in ottima forma e il giovane protagonista Oxenbould, tra l’altro vagamente somigliante allo stesso Dano, è perfetto nel reggere il film tutto sulle sue spalle ma soprattutto sui suoi occhi. Alla ricerca di un ultimo impossibile scatto e di un istante rubato, attraverso cui catturare un’emozione e un’integrità di sicuro sfiorite e forse irrimediabilmente perdute. Presentato al Sundance Film Festival 2018, il film, dedicato da Dano alla memoria del compianto compositore Jóhann Jóhannsson, ha poi aperto la Semaine de la Critique del 71esimo Festival di Cannes.
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