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I 10 film più belli tratti dai romanzi femminili dell'800
«Le donne sentono come gli uomini e come loro hanno bisogno di esercitare le loro facoltà, hanno bisogno d’un campo per i loro sforzi. Soffrono esattamente come gli uomini d’essere costrette entro limiti angusti, di condurre un’esistenza troppo monotona e stagnante»

Parole tratte da Jane Eyre, romanzo del 1847 di Charlotte Brontë, in un secolo che sicuramente è stato caratterizzato da una letteratura femminile rivoluzionaria, in cui autrici come Jane Austen, le sorelle Brontë e Louisa May Alcott hanno fatto sentire in maniera decisa la loro voce attraverso quella delle loro protagoniste. Autrici di opere indimenticabili come Ragione e sentimento (1811), Orgoglio e pregiudizio (1813), Emma (1815), Cime tempestose (1847), Jane Eyre (1847) o Piccole donne (1868), divenuti ben presto dei classici indelebili della letteratura mondiale, anche grazie ad un approfondimento psicologico del mondo femminile senza precedenti. Gli adattamenti  cinematografici sono molteplici e hanno coinvolto nomi illustri, tra attrici (come, ad esempio, Katharine Hepburn, Elizabeth Taylor, Janeth Leigh o Kate Winslet) e registi (George CukorWilliam Wyler tra i primi). In occasione dei dieci anni dall'uscita in sala di Jane Eyre (Cary Fukunaga, 2011) ecco le 10 trasposizioni sul grande schermo che più ci hanno conquistato:

10) Emma. (Autumn de Wilde, 2020)



Anya Taylor-Joy, nuova, giovane diva del firmamento hollywoodiano, appare particolarmente calzante per il personaggio principale: il suo volto dolce, obliquo e misterioso, dotato di un fascino non pacificato e non convenzionale, riveste infatti l’Emma della Austen di una rinnovata vitalità, contribuendo a traghettare in parte verso il presente un testo comunque datato e pienamente inscritto nel tempo in cui è stato redatto (correva l’anno 1815). 

9) Piccole donne (Greta Gerwig, 2019)



Un atteggiamento pronto ad abbracciare tanto la condizione delle figure femminili quanto il sentimento amoroso, per non parlare delle non poche prese di coscienza sulla società di ieri e di oggi e di qualche stoccata ironica ma molto precisa al mondo dell’editoria, della letteratura e dell’intrattenimento in generale: mondi all’interno dei quali anche il matrimonio è destinato a diventare un contratto di natura esclusivamente economica e il destino delle donne, che siano coniugate o defunte (tertium non datur), è appannaggio delle royalties. Il copione, dal canto suo, è brioso e preciso come un orologio, anche se in più di un’occasione fa capolino una certa, smaliziata scaltrezza ecumenica nell’approccio e nella sostanza, che tuttavia inficia solo in parte il buon impatto di un film restio a strizzate d’occhio troppo vistose e galvanizzato da ottime prove attoriali, tutte ispirate e ben amalgamate tra loro. 

8) Persuasione (Roger Michell, 1995)



Un adattamento fedele allo spirito pungente e poco ironico del testo di partenza, sostenuto da una regia che lavora molto su dettagli e primi piani, cercando di offrire una visione più intima e diretta possibile dei personaggi. Efficace la resa di certi ambienti sociali, troppo attenti a etichette e lignaggio, incapaci di dare peso alle persone e alle loro doti.

7) Orgoglio e pregiudizio (Robert Z. Leonard, 1940)



Il film di Robert Z. Leonard è una trasposizione decisamente fedele, che prova a restituire sul grande schermo le peripezie amorose della famiglia Bennet senza aggiungere o osare nulla di più di quanto non sia stato scritto dall'autrice del testo di partenza. Orgoglio e pregiudizio fa della confezione il suo punto di forza maggiore: il regista è attentissimo a curare ogni dettaglio, dai costumi alla scenografia (premiata con l'Oscar), e si affida a un cast di grande richiamo, impeccabile e perfettamente in parte.

6) Piccole donne (Mervyn LeRoy, 1949)



La pellicola è perfettamente calata nel genere di riferimento, al quale si devono sia i meriti dei pregi (una forte emotività espressa attraverso le microstorie delle fanciulle che si intrecciano con la storia più ampia della Guerra) che le responsabilità dei difetti (il film è un po' troppo retorico e ripetitivo, nascondendo dietro ai buoni sentimenti anche le derive più tragiche). LeRoy dirige il tutto con il solito tatto sofisticato e attento ai minimi dettagli, abile nel saper dosare intelligentemente i momenti più intensi con episodi meno impegnativi.

5) Jane Eyre (Cary Fukunaga, 2011)



Aperta da un incipit di notevole fascino, scandito unicamente dai suoni della natura, la versione di Cary Fukunaga parte nel modo giusto, dimostrando immediatamente la grande attenzione del regista americano per l'aspetto luminoso della fotografia, i tempi di montaggio e il lavoro sul sonoro. Una cura formale che, quantomeno, rende sensato questo nuovo adattamento, molto giocato sui salti temporali e valorizzato da un cast in buona forma.

4) La porta proibita (Robert Stevenson, 1944)



Tra le più celebri trasposizioni di Jane Eyre di Charlotte Brönte, un film d'impianto classico che segue fedelmente il testo di partenza. Pochi sussulti, e non troppo coraggio, ma la confezione è dignitosa e risultano efficaci sia la fotografia di George Barnes, sia le musiche di Bernard Herrmann. Ottime, inoltre, le performance dei protagonisti con un gigantesco Orson Welles (diretto per la prima volta da un regista che non fosse lui stesso) e un'intensa Joan Fontaine.

3) Ragione e sentimento (Ang Lee, 1995)



Abile a trattare con sensibilità le psicologie umane, l'autore taiwanese annulla il gap culturale facendo propri l'universo romantico della scrittrice britannica e la sua finissima analisi della condizione femminile, rivelandone tutta la modernità. La regia non è mai urlata o invasiva, ma accarezza il racconto e le due splendide protagoniste con toni leggeri, restituendo dietro la patina del feuilleton sentimentale d'alta qualità una impeccabile ricostruzione d'epoca. 

2) La voce nella tempesta (William Wyler, 1939)



Il film di Wyler, sceneggiato da Charles MacArthur e Ben Hecht (con contributo non accreditato di John Huston), traspone solo sedici dei trentanove capitoli del romanzo, annullando praticamente l'intera seconda generazione “cantata” dall'autrice, e disloca l'ambientazione di quasi un secolo. Il lavoro di Wyler ne guadagna in libertà: e il film, nonostante le difficoltà e i notori conflitti sul set, riesce a godere di una rassicurante – e al contempo virtuosa – tensione nevrotica.

1) Piccole donne (George Cukor, 1933)



Cukor imprime con disinvolta acutezza il suo tocco brillante e sempre coerente. E qui, pure con la dolce storia delle quattro sorelle March, riesce a colpire nel segno: l'opera è moderna, sceneggiata con garbo da Victor Heerman e Sarah Y. Mason e recitata divinamente da una Katharine Hepburn in stato di grazia, meritatamente premiata come miglior interprete femminile alla seconda Mostra del Cinema di Venezia.
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