“Non sta a noi determinare chi vive e chi muore.”
“Non l’ha saputo? Dio è morto.”
Questo il fulcro di Altered Carbon, la serie cyberpunk firmata Netflix che muove i suoi passi partendo dalle pagine di Richard Morgan, ad essere più precisi dal primo capitolo della sua trilogia che non è escluso possa vedere la luce per intero grazie alla piattaforma che ha rinnovato la produzione. In un universo dove la pioggia incessante scandisce il ritmo della quotidianità, che per pochi fortunati (?) è solo un tassello di eternità, la morte è ormai una parentesi, qualcosa di cui non aver più paura, visto che ci sarà (quasi) sempre la possibilità di trovare un altra custodia: quale? Questo il vero angosciante interrogativo. Il dibattito filosofico ed etico sul corpo umano come semplice involucro per l’anima trova in questa serie nuova linfa vitale, capace di stimolare interrogativi interessanti nello spettatore, inserendo il tutto in una cornice d’azione e in atmosfere che si muovono agilmente tra il thriller e il noir, in un futuro dove è stato “ridimensionato il tristo mietitore a una pittoresca metafora”. Non si muore più, e per coloro che vivono in eterno la vita stessa pare perdere di significato, o meglio, si perde la cura della propria esistenza e già solo questo spunto sarebbe sufficiente per costruirci una serie. Il passato e il presente si intrecciano in maniera efficace in una narrazione che prende spunto da un’indagine – chi ha ucciso realmente il ricco Laurens Bancroft (James Purefoy)? – e che porta ad approfondire ciò che ha portato Takeshi Kovacs (Joel Kinnaman) ad essere chi è: il suo addestramento, la sua famiglia, il suo amore. Tutte dimensioni che in un mondo in cui la vita non ha importanza, trovano ancor meno spazio, sostituite dagli eccessi, dal vizio, che si tratti di stupefacenti, alcol o prostituzione. Anche minorile.
Non si nasconde nulla, con il sangue che scorre a fiumi, a coronamento di immagini forti, crude, che non ammettono la pietà come sentimento o come emozione in un mondo che, di sentimenti, non sente ormai più parlare da tanto tempo. L’intrattenimento e la spettacolarità non mancano, anzi, ancora una volta la fotografia è uno degli elementi che senza dubbio merita una lode particolare – con evidente omaggio a Blade Runner nella scelta delle ambientazioni e dell’atmosfera – e va detto che anche le sequenze di combattimento o di tortura sono ben costruite, in un’opera che regala il giusto spazio ai personaggi principali ma anche a quelli secondari, se così si possono definire, come ad esempio Poe (Edgar Allan?), che gestisce il suo hotel “Raven” (Egar Allan!), tra i più apprezzati della stagione. Decisamente convincente, seppur con qualche imperfezione e qualche calo, Altered Carbon ha il suo grande pregio nel mostrare molto, forse tutto, e facendolo non tenta di nascondere un’assoluta lacuna contenutistica: gli effetti visivi sono al servizio del concetto, come del resto i corpi sono al servizio dell’anima. Non viceversa.