Ultimamente Achille Lauro sembra aver perso, a livello mediatico, lo smalto di qualche mese fa, quando a Sanremo per il secondo anno di fila e a suon di travestimenti da urlo e performance mimetiche si era rivelato in grado di stupire (nuovamente) un po’ tutti. C’è chi gli dà del conservatore e chi, un po’ giustamente, ne critica il compiacimento e il trionfalismo fuori misura, come quando pochi giorni fa scriveva: “Ho firmato il più importante contratto discografico degli ultimi 10 anni della musica in Italia. Dormivo su un materasso per terra, adesso scelgo in quale stanza passare la notte e con chi. Sto lavorando a 2 nuovi album. Con il primo ci divertiremo, con il successivo cambieremo la musica italiana”.
Il prossimo 24 luglio uscirà il suo nuovo album, 1990 (primo dei due "capitoli" cui faceva riferimento), con al suo interno sette cover di grandi hit dance e synth pop degli anni ’80 e ’90 (la tracklist è già stata pubblicata dall’artista sul suo account Instagram) e lo scorso 11 luglio Lauro, nato proprio nel 1990, di anni ne ha compiuti proprio trenta, commentando con la frase: “Da oggi consideratemi una 18enne🎂🚔😈”.
Il proposito di omaggiare gli anni ’90 a partire tra l'altro da una ricorrenza anagrafica personale, celebrandone il mood e l’estetica, appare dunque ormai inequivocabile, e tutti gli ultimi post su Instagram vedono Lauro nei panni di un simil-Ken ricalcato sulle sue fattezze. E, a ben vedere, era già presente nel video del suo singolo 16 marzo, ballad romantica che in tanti hanno accostato a Vasco Rossi e agli Stadio, con protagonista Benedetta Porcaroli, già musa di Tommaso Paradiso nel videoclip di Maradona y Pelé.
In quel caso le riprese e le animazioni vintage adoperate erano già molto nineties, così come le suggestioni fornite da musiche e testo, e l’ibridazione tra i formati, gli stili, gli oggetti, i supporti - l’estetica delle VHS, i lecca lecca, le vecchie polaroid - sanciva un nostalgico e perfino struggente tributo agli anni '90 che risultava epidermico senza essere facilone e sclerotico, con tutti gli ingredienti al posto giusto, in un movimento orizzontale di ibridazione in cui tutto viene livellato e riproposto sotto la stessa egida (quella, cioé, del Lauro deus ex machina, artista totale e post-tutto sulle generi del glam, delle prigioni dorate ma salvifiche di un tempo, dello splendore passato e sempre rimpianto). In tempi di onnipresente “dittatura della nostalgia degli anni ’90" - una formuletta che oggi può apparire abusata e nata vecchia tanto quanto “dittatura da politicamente corretto” e “ok, boomer” - quel videoclip faceva forse poche cose, ma le faceva bene.
L
Il suo ultimo singolo Bam Bam Twist, uscito qualche settimana fa come una sorta di ballo per l’estate a suon di maledettismo glamour, possibile e insperato antidoto ai tormentoni tamarro-tropicali, Lauro lo descriveva così: “Sto per inserire un nuovo gettone nel mio pazzo JukeBox. Si torna negli anni 60 con il ballo più promiscuo e sexy della storia. In tempi di distanziamento sociale, la mia follia vi porta in pista con un ballo a due, che è stato allo stesso tempo il più promiscuo ed il più elegante degli anni “mitici” e “favolosi” del Miracolo Economico. Un ballo che nasce dalla gestualità dello “spegnere mozziconi di sigarette sulla pista da ballo e pulire le superfici con le estremità di un asciugamano”: il Twist, l’evoluzione sexy e sensuale dello Swing”.
Tutto giusto, indubbiamente, anche se con quella sbruffona tendenza a strafare di Lauro cui accennavamo e che potrebbe in parte risultare controproducente (per alcuni) e che in realtà che è anche e soprattutto un gioco generazionale consapevole che vale assolutamente la candela. Proprio di chi sa di essere, in Italia, una sorta di performer post-atomico (in parole povere: l’ultimo sopravvissuto di certe pose e di altrettanti azzardi) e può dunque permettersi descrizioni sul suo profilo Instagram che non hanno bisogno di ulteriori parafrasi come “Reginetta del Punk, Re del Rock, Stella del Pop”.
Bam Bam Twist, a sentirlo spogliandolo delle sovrastrutture e dei lustrini che la figura di Lauro si porta dietro, appare nuovamente come un epidermico e viscerale tributo al cinema degli anni ’90, a tutti i livelli e a ogni latitudine. In ciò, probabilmente, sta la forza di Lauro, il suo carisma, il suo valore artistico (pardon): non tanto nell’eclettismo che riecheggia modelli d’antan, quanto nella capacità di fare della propria arte un catalogo pop indiscriminato che non può che trovare negli anni ’90 - decennio in tal senso decisivo, in termini di sdoganamento dell'accumulazione seriale indiscriminata e priva di sensi di colpa - una sorta di perduta, a lungo vilipesa e oggi paradossalmente rimpianta età dell’oro.
In Bam Bam Twist dopotutto convivono Christiane F. – Noi i ragazzi dello zoo di Berlino e i nostrani Ragazzi fuori di Marco Risi (che sono però anche quelli di Lauro, in un impeto di appropriazione che fonde sempre tutto insieme), Pulp Fiction ("lei che balla è la donna del boss davanti a un jukebox/Tarantino/con Quei bravi ragazzi è delirio/è De Niro") e appunto il più celebre gangster movie dal maestro italoamericano, datato 1990. Ci sono poi American Beauty ("un overdose di rose mi amor"), Nightmare Before Christmas ("Una danza di scheletri", con il film di Tim Burton che si rifece alla storica animazione disneyana) e un po’ tutti i film coi vampiri degli anni ’90, da Intervista col vampiro a The Addiction passando per Dal tramonto all’alba ("la mia tipa è un vampiro ed è pazza di me").
L’omaggio al film di Tarantino però è centrale e particolarmente fluido (termine che con Lauro ricorre): non solo perché si esalta l’iconografia mariana della Mia Wallace di Uma Thurman nel momento (estatico) dell’overdose, definendola “una madonnina che piange per me” (non se l'è inventata Achille Lauro, come testimonia l'artwork della T-Shirt in fondo all'articolo, ma in pochi gli avevano detto senso compiuto), ma anche perché il testo salta volutamente da un quadro all’altro, come muovendosi all’interno di un trittico ideale attraverso cui erigere un altare al film di Tarantino, considerando anche il secondo elemento (il “motel a ore” di Los Angeles, il River Glen Motel, in cui soggiornano i personaggi di Bruce Willis e Maria de Medeiros) e il terzo, la rapina di Tim Roth e Amanda Plummer, Zucchino e Coniglietta (per completare il quadro delle grandi coppie sentimentali del capolavoro tarantiniano). Un omaggio, questo sì, di gran lunga superiore al modesto videoclip paillettato con protagonisti Claudio Santamaria e Francesca Barra e diretto dai registi del momento, gli Younuts!, profilici autori di videoclip e dietro la macchina da presa anche per il recente Sotto il sole di Riccione.
Ad ogni modo, tirando le somme, Bam Bam Twist di Achille Lauro rimane il più lucido e onnicomprensivo esempio di pop cinematografico (in senso letterale) che la musica italiana abbia prodotto negli ultimi anni.
"Adrenalina / siamo sopra il bancone io e te / io e te / sì c’è una rapina / svuoto le tasche / mi riempio di te / si donna bambina / è una madonnina che piange per me /ma poi mi rovina /ed io che so farmi rovinare da te"
Davide Stanzione
Il prossimo 24 luglio uscirà il suo nuovo album, 1990 (primo dei due "capitoli" cui faceva riferimento), con al suo interno sette cover di grandi hit dance e synth pop degli anni ’80 e ’90 (la tracklist è già stata pubblicata dall’artista sul suo account Instagram) e lo scorso 11 luglio Lauro, nato proprio nel 1990, di anni ne ha compiuti proprio trenta, commentando con la frase: “Da oggi consideratemi una 18enne🎂🚔😈”.
Il proposito di omaggiare gli anni ’90 a partire tra l'altro da una ricorrenza anagrafica personale, celebrandone il mood e l’estetica, appare dunque ormai inequivocabile, e tutti gli ultimi post su Instagram vedono Lauro nei panni di un simil-Ken ricalcato sulle sue fattezze. E, a ben vedere, era già presente nel video del suo singolo 16 marzo, ballad romantica che in tanti hanno accostato a Vasco Rossi e agli Stadio, con protagonista Benedetta Porcaroli, già musa di Tommaso Paradiso nel videoclip di Maradona y Pelé.
In quel caso le riprese e le animazioni vintage adoperate erano già molto nineties, così come le suggestioni fornite da musiche e testo, e l’ibridazione tra i formati, gli stili, gli oggetti, i supporti - l’estetica delle VHS, i lecca lecca, le vecchie polaroid - sanciva un nostalgico e perfino struggente tributo agli anni '90 che risultava epidermico senza essere facilone e sclerotico, con tutti gli ingredienti al posto giusto, in un movimento orizzontale di ibridazione in cui tutto viene livellato e riproposto sotto la stessa egida (quella, cioé, del Lauro deus ex machina, artista totale e post-tutto sulle generi del glam, delle prigioni dorate ma salvifiche di un tempo, dello splendore passato e sempre rimpianto). In tempi di onnipresente “dittatura della nostalgia degli anni ’90" - una formuletta che oggi può apparire abusata e nata vecchia tanto quanto “dittatura da politicamente corretto” e “ok, boomer” - quel videoclip faceva forse poche cose, ma le faceva bene.
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Il suo ultimo singolo Bam Bam Twist, uscito qualche settimana fa come una sorta di ballo per l’estate a suon di maledettismo glamour, possibile e insperato antidoto ai tormentoni tamarro-tropicali, Lauro lo descriveva così: “Sto per inserire un nuovo gettone nel mio pazzo JukeBox. Si torna negli anni 60 con il ballo più promiscuo e sexy della storia. In tempi di distanziamento sociale, la mia follia vi porta in pista con un ballo a due, che è stato allo stesso tempo il più promiscuo ed il più elegante degli anni “mitici” e “favolosi” del Miracolo Economico. Un ballo che nasce dalla gestualità dello “spegnere mozziconi di sigarette sulla pista da ballo e pulire le superfici con le estremità di un asciugamano”: il Twist, l’evoluzione sexy e sensuale dello Swing”.
Tutto giusto, indubbiamente, anche se con quella sbruffona tendenza a strafare di Lauro cui accennavamo e che potrebbe in parte risultare controproducente (per alcuni) e che in realtà che è anche e soprattutto un gioco generazionale consapevole che vale assolutamente la candela. Proprio di chi sa di essere, in Italia, una sorta di performer post-atomico (in parole povere: l’ultimo sopravvissuto di certe pose e di altrettanti azzardi) e può dunque permettersi descrizioni sul suo profilo Instagram che non hanno bisogno di ulteriori parafrasi come “Reginetta del Punk, Re del Rock, Stella del Pop”.
Bam Bam Twist, a sentirlo spogliandolo delle sovrastrutture e dei lustrini che la figura di Lauro si porta dietro, appare nuovamente come un epidermico e viscerale tributo al cinema degli anni ’90, a tutti i livelli e a ogni latitudine. In ciò, probabilmente, sta la forza di Lauro, il suo carisma, il suo valore artistico (pardon): non tanto nell’eclettismo che riecheggia modelli d’antan, quanto nella capacità di fare della propria arte un catalogo pop indiscriminato che non può che trovare negli anni ’90 - decennio in tal senso decisivo, in termini di sdoganamento dell'accumulazione seriale indiscriminata e priva di sensi di colpa - una sorta di perduta, a lungo vilipesa e oggi paradossalmente rimpianta età dell’oro.
In Bam Bam Twist dopotutto convivono Christiane F. – Noi i ragazzi dello zoo di Berlino e i nostrani Ragazzi fuori di Marco Risi (che sono però anche quelli di Lauro, in un impeto di appropriazione che fonde sempre tutto insieme), Pulp Fiction ("lei che balla è la donna del boss davanti a un jukebox/Tarantino/con Quei bravi ragazzi è delirio/è De Niro") e appunto il più celebre gangster movie dal maestro italoamericano, datato 1990. Ci sono poi American Beauty ("un overdose di rose mi amor"), Nightmare Before Christmas ("Una danza di scheletri", con il film di Tim Burton che si rifece alla storica animazione disneyana) e un po’ tutti i film coi vampiri degli anni ’90, da Intervista col vampiro a The Addiction passando per Dal tramonto all’alba ("la mia tipa è un vampiro ed è pazza di me").
L’omaggio al film di Tarantino però è centrale e particolarmente fluido (termine che con Lauro ricorre): non solo perché si esalta l’iconografia mariana della Mia Wallace di Uma Thurman nel momento (estatico) dell’overdose, definendola “una madonnina che piange per me” (non se l'è inventata Achille Lauro, come testimonia l'artwork della T-Shirt in fondo all'articolo, ma in pochi gli avevano detto senso compiuto), ma anche perché il testo salta volutamente da un quadro all’altro, come muovendosi all’interno di un trittico ideale attraverso cui erigere un altare al film di Tarantino, considerando anche il secondo elemento (il “motel a ore” di Los Angeles, il River Glen Motel, in cui soggiornano i personaggi di Bruce Willis e Maria de Medeiros) e il terzo, la rapina di Tim Roth e Amanda Plummer, Zucchino e Coniglietta (per completare il quadro delle grandi coppie sentimentali del capolavoro tarantiniano). Un omaggio, questo sì, di gran lunga superiore al modesto videoclip paillettato con protagonisti Claudio Santamaria e Francesca Barra e diretto dai registi del momento, gli Younuts!, profilici autori di videoclip e dietro la macchina da presa anche per il recente Sotto il sole di Riccione.
Ad ogni modo, tirando le somme, Bam Bam Twist di Achille Lauro rimane il più lucido e onnicomprensivo esempio di pop cinematografico (in senso letterale) che la musica italiana abbia prodotto negli ultimi anni.
"Adrenalina / siamo sopra il bancone io e te / io e te / sì c’è una rapina / svuoto le tasche / mi riempio di te / si donna bambina / è una madonnina che piange per me /ma poi mi rovina /ed io che so farmi rovinare da te"
Davide Stanzione